Il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA) ha anticipato le consuete relazioni annuali di approfondimento sui risultati dei monitoraggi del PM10.
I dati registrati nel 2020 relativi a complessive 530 stazioni di monitoraggio, evidenziano che il valore limite giornaliero (50 μg/m3, da non superare più di 35 volte in un anno) è stato superato in 155 stazioni (29,2%), in larga prevalenza (131 stazioni su 530) nel bacino padano (Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia).
Per quanto riguarda invece il valore di riferimento OMS giornaliero (50 μg/m3, da non superare più di 3 volte in un anno), è stato superato nel 2020 in 400 stazioni (75,5%). In questo caso i superamenti interessano tutte le regioni italiane, con la sola eccezione della provincia autonoma di Bolzano.
L’indicatore relativo alla media giornaliera, per la quale è stata individuata la soglia di 50 μg/m3, serve a valutare l’esposizione acuta a breve termine. Il valore di riferimento proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (non superare più di tre volte in un anno), è stato fatto proprio anche dall’ONU (Agenda 2030) e dall’Unione Europea (Strategia “Aria pulita” per l’Europa”) come obiettivo cui tendere entro il 2030. Ed è quindi a queste ultime che dovremmo far riferimento per mettere a punto misure di intervento in grado di diminuire drasticamente i valori complessivi dell’inquinamento dell’aria nei territori.
Il PM10 (materiale particolato aerodisperso di dimensione inferiore a 10 μm) costituisce da sempre una delle componenti dell’inquinamento atmosferico più pericolosi per la salute umana e dell’ambiente. Vari studi epidemiologici sugli effetti sanitari dell’inquinamento atmosferico da particelle, hanno evidenziato associazioni tra le concentrazioni in massa del PM10 e un incremento sia di mortalità che di ricoveri ospedalieri per malattie cardiache e respiratorie nella popolazione generale.
I soggetti più a rischio sono in particolare, gli anziani, i bambini, le persone con malattie cardiopolmonari croniche e affette da influenza o asma ma nessuno è escluso dagli effetti negativi a seguito di tali esposizioni. Tenendo presente che nell’aria, oltre al particolato, esistono altri inquinanti quali ossidi di zolfo, ossidi di azoto e composti organici volatili, la situazione italiana risulta particolarmente grave. L’Agenzia Europea Ambiente (EEA) già da alcuni anni include nel rapporto annuale sulla qualità dell’aria (EEA, Air Quality in Europe, 2019) in cui la mortalità in eccesso è correlata a tre parametri ambientali, il PM2.5, NO2 e O3. L’ultima stima per l’Italia (dati 2016) riporta un totale di 76.200 morti dovuti a questi parametri, la maggior parte (77% circa) legati al particolato fine (PM2.5), particolarmente concentrato nella pianura padana (questa situazione cronica è determinata da vari fattori, alta concentrazione di attività industriali e zootecniche, alta densità di popolazione e dunque emissioni da traffico e riscaldamento edifici e condizioni meteoclimatiche sfavorevoli.
Non è un caso che il 10 novembre 2020, l’Italia sia stata condannata dalla Corte di Giustizia Europea (Causa C-644/18) per aver superato (per gli anni dal 2008 al 2017) ”in maniera sistematica e continuata, i valori limite applicabili alle concentrazioni di particelle PM10, superamento che è tuttora in corso” e per non aver adottato “misure appropriate per garantire il rispetto dei valori limite fissati per le concentrazioni di particelle PM10”.
Da una prima analisi dei dati uno dei fattori principali che hanno originato l’aumento rispetto al 2019 è stata la minore piovosità rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Mentre il lockdown causato dalla pandemia - che ha disposto la riduzione delle principali attività produttive e commerciali, unita alla riduzione dei flussi di traffico di veicoli privati, del trasporto pubblico e del trasporto delle merci su strada, via mare e del trasporto aereo - non è stato sufficiente a compensare una meteorologia meno favorevole alla dispersione degli inquinanti.
È stata anche sollevata, da più parti, senza però giungere ad una valutazione univoca, l’ipotesi che l’inquinamento dell’aria possa agire tanto come vettore dell’infezione quanto come fattore peggiorativo dell’impatto sanitario della pandemia in corso. Il fenomeno che vedrebbe il particolato fine come vettore per altri inquinanti è noto e provato certamente per altri fattori inquinanti come per gli IPA, idrocarburi policiclici aromatici ma non ancora, in modo certo, per il Covid-19. Tutti gli studiosi, però, concordano sul fatto che siano assolutamente indispensabili misure restrittive di contenimento dell’inquinamento dato che il rischio, questo invece è reale, di aumento delle patologie e mortalità nelle aree a più alto inquinamento rispetto a quelle con qualità dell’aria migliore è amplificato. Tutto questo non fa che confermare l’esigenza di ridurre in modo sinergico e su ampia scala non solo le emissioni dovute ai trasporti su strada, ma anche quelle dovute alla combustione di biomassa e alle attività zootecniche.
In base ai dati evidenziati dal Report SNPA, come Associazione non possiamo che sottolineare quanto sia indispensabile attivare tutti gli interventi di rigenarazione urbana possibili (riqualificazione degli edifici sia privati sia pubblici al fine di ridurre il consumo energetico delle abitazioni, uffici e attività commerciali utilizzando le opportunità offerte dal Superbonus 110%); incentivare modi di mobilità alternativa e condivisa all’uso dell’auto privata e investire in mezzi di trasporto pubblico ibridi a conduzione elettrica, a bio-metano e sull’espansione delle linee metropolitane; denunciare i reati ambientali (dagli scarichi abusivi alla presenza di amianto, dagli abusi edilizi alle discariche illegali) e, non ultimo, cambiare l'attuale modello di sviluppo produttivo e dei consumi insostenibile sul piano ambientale, economico e sociale.
L’'Europa, con le diverse proposte formulate dalla Commissione e con il Next generation Eu, propone un nuovo modello di sviluppo sostenibile divenuto ancor più necessario dopo la pandemia che prevede anche un impegno contro le disuguaglianze, per la difesa dei diritti fondamentali, per la democrazia per il quale ogni Paese deve mettere a punto un buon Piano nazionale di rilancio e resilienza, nel quale Istituzioni e cittadini devono avere parte attiva e responsabile.
Link: Report_SNPA_172020_Qualità_dellaria_IN_ITALIA_DURANTE_IL_LOCKDOWN.pdf
Per la Redazione - Serena Moriondo