di Rossella Muroni
Progresso. E' questa la parola scelta da Ciaràn Cuffe, eurodeputato degli European Greens e relatore del provvedimento, per definire l'approvazione da parte dell'Eurocamera della direttiva sul rendimento energetico nell'edilizia. Un provvedimento atteso, coerente con gli obiettivi di decarbonizzazione, necessario per imprimere una svolta verso la sostenibilità nel settore delle costruzioni e nel mondo dell'edilizia. Un provvedimento a cui l'Europa lavora da tempo e che aveva visto anche la partecipazione del nostro Paese. E' per questo che lo stesso relatore Cuffe, nel suo intervento finale, non ha potuto non stigmatizzare l'assenza in aula e durante l'iter di approvazione della destra italiana che in questi giorni ha provato a sabotare il provvedimento come già fatto con quello sul phase out dai motori endotermici. Anche su questa misura, necessaria per ridurre sia le emissioni che i consumi energetici e le bollette, governo e politici della destra italiana hanno remato contro. Rivendicando che per gli italiani la casa è sacra, cercando tipicità ed eccezioni valide solo per il Belpaese e accusando l’Europa di volerci imporre una patrimoniale mascherata. D'altronde con una miopia che ha dell’incredibile il governo, proprio mentre l’Ue puntava sull’efficienza, ha stroncato lo strumento che più di tutti ha aiutato gli italiani a rendere le case più efficienti: il Superbonus, uno strumento perfettibile, che si sarebbe potuto rendere più equo ed efficace (su questo la Fillea ha presentato proposte precise sin dalla sua approvazione) legandolo in modo più stringente alle case popolari e ai miglioramenti delle performance conseguite, e avrebbe potuto accompagnare gli italiani verso case più green. E che invece è stato praticamente cancellato con un tratto di penna. La cosiddetta "direttiva case green" (Energy Performance of Buildings Directive) è uno dei pilastri del pacchetto Fit for 55%: gli edifici sono responsabili di oltre un terzo delle emissioni di gas serra in Ue, quindi la fissazione di nuovi standard minimi di efficienza energetica dovrà servire per contribuire al raggiungimento dei target climatici europei al 2030. Il testo approvato dall'Europarlamento prevede che per armonizzare le differenti situazioni di partenza dei parchi immobiliari nazionali, la classe di efficienza energetica G dovrà corrispondere al 15% degli edifici con le prestazioni energetiche peggiori in ogni Stato membro. E rispetto alla proposta della Commissione europea prevede target di efficienza energetica più alti: per gli edifici residenziali esistenti classe E entro il 2030 e classe D entro il 2033, per gli edifici non residenziali e quelli pubblici le stesse scadenze sono anticipate di tre anni. I nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero dal 2028, ma per i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà delle autorità pubbliche la scadenza è anticipata al 2026. Tutti i nuovi edifici per cui sarà tecnicamente ed economicamente possibile dovranno dotarsi di tecnologie solari entro il 2028. Sul voto, l'Aula si è spaccata in due, con il centro sinistra e greens a favore e la destra contraria, mentre il centro si è spaccato a sua volta fra contrari – i più numerosi tra cui gli italiani di FI -, favorevoli e astenuti (compreso il Terzo polo italiano). Ora sulla base del testo di revisione della cosiddetta direttiva ‘case green’ votato, l'Europarlamento discuterà con il Consiglio Ue e con la Commissione europea per trovare un accordo sulla legislazione da adottare. Molti gli strumenti a disposizione degli Stati Ue sul fronte della flessibilità: si va dall’eliminazione delle disposizioni sulle sanzioni, che ogni Paese sarà libero di adottare a suo piacimento, all’esclusione dalla normativa per i monumenti con facoltà di estendere l’esclusione anche a edifici tutelati e storici, edifici tecnici o a uso temporaneo e luoghi di culto. Prevista inoltre la possibilità di esentare l’edilizia sociale pubblica, nei casi in cui le ristrutturazioni comporterebbero aumenti degli affitti non compensati dai risparmi in bolletta. E si potranno rivedere gli standard minimi di prestazione degli edifici residenziali per ragioni di fattibilità economica e tecnica dei lavori di ristrutturazione. I Paesi UE stabiliranno le misure necessarie per raggiungere questi obiettivi nei rispettivi piani nazionali di ristrutturazione, che dovranno comprendere anche regimi di sostegno per facilitare l'accesso alle sovvenzioni e ai finanziamenti. Arriva, ed è una delle novità qualificanti introdotte dal Parlamento europeo, un nuovo Fondo ad hoc per le ristrutturazioni edilizie in chiave energetica alimentato dal bilancio europeo, dalla Banca europeo per gli investimenti (Bei) e dagli Stati membri. La normativa ridurrà bollette ed emissioni, incidendo in positivo su povertà energetica, qualità degli ambienti abitativi e posti di lavoro: si chiama transizione ecologica e chi continua a remare contro non fa un buon servizio nè all'Italia nè al Pianeta.