E' appena trascorsa la giornata mondiale dell'acqua, non possiamo dunque non segnalare il Rapporto "L'impronta ecologica della moda".
L’industria tessile e dell’abbigliamento, infatti, è ormai tristemente nota per il suo primato tra i settori più inquinati: lungo la sua articolata catena di produzione, è infatti responsabile dell’emissione di consistenti volumi di CO₂, di enormi quantità di rifiuti tessili e, appunto, di un elevato consumo idrico.
Secondo i dati riportati da McKinsey Sustainability in un report di approfondimento su questi temi, si stima che a fronte della consistente crescita di domanda da parte di Paesi emergenti come Brasile, India, Cina, Russia e Messico - rispetto ai dati attualmente in nostro possesso, nei prossimi anni le emissioni di CO₂ raggiungeranno cifre pari a più del 77%, il consumo di acqua a più del 20%, lo sfruttamento delle terre coltivabili a più del 7%.
Non solo, perché la stessa ricerca cita anche una responsabilità in termini di emissioni di gas serra di circa 2,1 miliardi di tonnellate nel solo 2018, pari al 4% del totale globale. Allo stesso modo restano allarmanti anche il consumo e il conseguente inquinamento dell’acqua: è bene infatti ricordare quanto il ricorso all’acqua sia necessario per tutta la filiera della moda, dal mantenimento delle piantagioni alla produzione, passando per la stampa e le nobilitazioni, nonché durante l’intero ciclo di vita del capo nel pre e nel post vendita. Tutto ciò considerato, infatti, si stima che l’industria tessile e dell’abbigliamento, nel solo triennio 2015-2017, sia passata da un impiego globale di 79 miliardi di metri cubi di acqua ad un fabbisogno di 266 miliardi.
Senza contare che queste ingenti quantità di acqua sono spesso rilasciate nell’ambiente senza essere depurate delle sostanze inquinanti: i coloranti industriali sono prodotti chimici e, nonostante l’Europa sia obbligata a rispettare le norme sull’eliminazione delle sostanze chimiche pericolose secondo il regolamento REACH, Paesi come l’India, tra gli altri, non aderiscono a queste direttive, creando enormi problemi ambientali e di salute sia ai lavoratori che le maneggiano che ai consumatori che li indossano; finitura, candeggio e nobilitazioni richiedono, nella gran parte dei casi, l’uso di sostanze tossiche a base di fluoro; infine, si pensi che ad ogni lavaggio mezzo milione di tonnellate di microplastiche vengono disperse nel mare - una quantità pari a circa a cinquanta miliardi di bottiglie di plastica - dato che sembra confermato anche da una recente ricerca dell’Università di Manchester, pubblicata su Nature Geoscience, che stima che ogni anno vengano rilasciate nell’Oceano tra le 0,6 e i 1,7 milioni di tonnellate di microfibre sintetiche.
Per quantificare l’impatto del fashion system sul pianeta, la Commissione Europea ha definito una serie di indicatori ambientali diretti e indiretti, spiegati da Fondazione FRI in un’agile guida gratuita.
Link: Rapporto L'impronta ecologica della moda
Per la Redazione - Serena Moriondo