di Serena Moriondo
Il Governo in carica vuole infondere e propagare i valori fondanti dell'identità della destra, come prima fece, purtroppo riuscendoci, il Governo Berlusconi con la capillare diffusione, dagli anni '80, di comportamenti disgregativi, che ponevano particolare enfasi sul ruolo dell’impresa privata nella creazione di opportunità e di ricchezza. Convinzione che, nel tempo si è rivelata non solo infondata ma foriera di nuove e più profonde disuguagliaze che hanno accompagnato la crescita economica in assenza di una modernizzazione etica e civile, di cui subiamo, ancora oggi, le conseguenze.
Dopo la fase dell'identità liberista ora sta avanzando quell'identità che il filosofo Umberto Eco definì, con grande lungimiranza, il fascismo eterno. "L'Ur-Fascismo’, o il ‘fascismo eterno’ è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. (..) L’Ur-Fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme – ogni giorno, in ogni parte del mondo.” La stessa visione etico-politica di destra riproposta dalle parole del Presidente del Senato, Ignazio La Russa a proposito dell'assenza della parola "antifascista" dalla Carta Costituzionale e dalle parole del ministro Francesco Lollobrigida, cognato della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, "sul pericolo di una sostituzione etnica" come ombra dietro il calo demografico in corso nel nostro Paese da anni.
Dichiarazioni in libertà che, in una intervista di qualche giorno fa, il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky ha spiegato essere: la prima, "radicalmente antitetica allʼetica costituzionale", tant'è che la nostra "Costituzione fa divieto di ricostituzione del disciolto partito fascista, sotto qualunque forma"; la seconda, "un'affermazione grave" e, aggiunge, "dicendo che ignorava la provenienza politica e culturale di quella espressione" Lollobrigida non ha che aggravato la sostanza della sua dichiarazione.
Aprire gli occhi è dunque doveroso.
Di fronte a questo pericoloso rigurgito di nostalgie di destra e , in particolare sulle parole di Lollobrigida "Esiste un'etnia italiana che vogliamo tutelare", pronunciate nuovamente a margine, non a caso, dei recenti Stati Generali della natalità, tre studiosi - l'antropologo Marco Aime, lo psicoanalista Luigi Zoja e il genetista Guido Barbujani - hanno dichiarato che "Usata così, quella parola, è come dire 'razza'. L'approccio resta discriminatorio".
L'antropologo Aime ha sostenuto che "Quella della sostituzione etnica, o della grande sostituzione, è una teoria del complotto diffusasi nel secolo scorso e secondo cui esisterebbe un disegno transnazionale contro la popolazione bianca del mondo. Un progetto intersezionale, dove migrazioni, omosessualità e femminismo agirebbero come elementi distruttori della “razza bianca” e dei suoi valori morali e civili. Questa teoria del complotto è completamente smentita dalla scienza, ma nonostante questo è diventata molto popolare. Soprattutto tra gli attivisti del suprematismo bianco, che in diverse occasioni ne ha fatto la base teorica per attentati e stragi di massa." E va oltre: "L'etnia non è facile da definire ma sicuramente non rappresenta una popolazione di uno Stato nazione, che nasce per contenere differenze, (...) In realtà l'etnia è un progetto (..) parla di che cosa vogliamo essere non di che cosa siamo stati".
Luigi Zoja ha spiegato che: "Il concetto di etnia vissuto nell'ottica di un timore di contaminazione è potenzialmente paranoico" Sotto quella parole - ha precisato lo psicoanalista - c'è rabbia, "una rabbia che forse lavora nell'inconscio collettivo e che però non può essere sottovalutata perchè sappiamo che i populismi, anche in altre fasi storiche, si sono sempre nutriti di vuoto collettivo". In un'intervista sul suo nuovo libro "Dialoghi sul male. Tre storie” egli spiega che, per sconfiggere il male, non bisogna mai rinunciare a pensare. Inoltre è importante "Insegnare a non avere paura di ‘sporcarsi le mani’. Il male attivo si vede subito, è scontato. Il male vero e insidioso è l’ignavia di cui ci dice Dante (o di Pilato)”.
Di Guido Barbujani, ho avuto modo di leggere il suo illuminante libro "L'invenzione delle razze. Capire la biodiversità umana" su cui mio figlio ha preparato un esame all'università e di cui mi sento, in coscienza, di consigliare la lettura a chi mostra di avere ancora le idee piuttosto confuse, nonostante ricopra cariche così importanti per la nostra Repubblica. Da quando ad inizio del 2000, si è concluso il progetto genoma umano, che è durato tredici anni di duro lavoro e 2,7 miliardi di dollari spesi, tramite un consorzio composto da 2800 scienziati che riuscirono, per la prima volta, a leggere il DNA di un essere umano - scrive il prof.Barbujani - si è scoperto che "nel DNA odierno troviamo le tracce degli scambi che attraverso i millenni hanno rimescolato il nostro genoma, che è quindi il frutto di una somma di parti in continua evoluzione." Quindi, anche quando il ministro Lollobrigida utilizza la parola etnia, tecnicamente più corretta anzichè razza, "difende un'idea di identità come qualcosa di immutabile, molto vicina all'idea di razza."
"Prove fossili e genetiche - scrive Barbujani nel suo libro - ci dicono che la grande famiglia umana discende da un piccolo gruppo che 100 mila anni fa viveva in Africa. Da lì abbiamo colonizzato il pianeta, mentre la popolazione cresceva fino a superare diversi miliardi di individui, mescolandosi più e più volte. (..) Ma mentre Aleksander Lang ci ricordava "che i confini, quando non si possono abolire, vanno resi il più possibile permeabili", pare proprio che, invece, continuando ad invocare "le più improbabili ragioni di legami fisici, di radici, di identità, si cerca di controllare e affermare un processo che non può essere fermato, ma solo gestito. (..) Così saltano fuori sempre nuovi confini, si moltiplicano, non più solo tra stato e stato, ma all'intero degi stessi, dove nuovi confini tagliano regioni, città, quartieri".
Il tempo ci ha via via condotto verso la certezza che sulla Terra c'è un’unica specie umana, e con tali premesse ci saremmo aspettati, come Barbujani, che la questione della "razza", sarebbe diventata sempre più marginale nel dibattito generale ma così non è stato forse perchè "le razze umane non esistono ma il razzismo si".
Le posizioni qui riportate, da parte di rappresentanti di alte cariche dello Stato e del Governo, non si possono condividere ma neppure ignorare. “Queste loro sortite - conclude saggiamente Zagrebelsky - risultano ambigue ai nostri occhi, ma chiarissime ai fascisti che ancora esistono e a una parte dellʼopinione pubblica genericamente autoritaria: ammiccare al fascismo non fa dispiacere”.