di Rossella MuronI
Non è maltempo. Frane e alluvioni non sono causate dal maltempo, ma dall’incuria del territorio, dalla cementificazione, dall’incapacità di impiegare le risorse economiche stanziate negli anni. Vale in Emilia Romagna come in tutto il Paese: un’Italia fragilissima, in ginocchio nel fango. Non è maltempo se in poche ore cade l’equivalente della pioggia di sei mesi, non si può definire soltanto maltempo quello che è accaduto in Emilia Romagna. Con acqua e fango che hanno invaso strade e piazze, e hanno portato anche morti - insieme con danni ingenti a infrastrutture e agricoltura, oltre a una stima di 10mila sfollati - in una Regione che viene ritenuta quella con il più alto rischio idrogeologico (fonte Ispra).
Sono almeno 5000 le aziende che sono finte sott’acqua secondo la Coldiretti. Casali e stalle sommerse da acqua e fango, migliaia di ettari allagati di vigne; e ancora sott'acqua sono finiti kiwi, susine, pere, mele, ortaggi e cereali. I danni sono stati calcolati da Confagricoltura in circa 6mila euro a ettaro per i seminativi (grano, orzo, mais, soia, girasole, erba medica, orticole e colture da seme) e 32mila euro a ettaro per frutteti, vigneti e oliveti, inclusi raccolti persi e costo dei reimpianti. Dal calcolo sono escluse le ripercussioni sulle scorte, le strutture, i macchinari.
Solo in Emilia Romagna sono 1,6 milioni le persone esposte a rischio alluvione e frane: secondo l’Ispra l’11% del territorio è vulnerabile, e in tutto sono state censite 80mila frane. E’ ormai evidente come questo tipo di fenomeni estremi siano ormai sempre più frequenti e intensi. Serve una presa di consapevolezza: l’Italia è impreparata agli eventi meteo estremi. Siccità e alluvioni si alternano, con l’effetto di elevare esponenzialmente il rischio, amplificato da un territorio dove si continua a consumare suolo. Sarebbe poi necessario un Piano di adattamento e mitigazione, che da anni è in elaborazione e sempre prossima alla pubblicazione definitiva. Nel frattempo quelli che una volta erano fenomeni unici e rari oggi si moltiplicano, addirittura a pochi giorni di distanza, e non solo in Italia. Non agire subito per affrontare la realtà climatica, purtroppo, aumenterà le conseguenze sulla sicurezza e il benessere delle comunità. Per questo sono sempre più insopportabili ed irresponsabili le polemiche di chi tenta di ridimensionare l’allarme climatico.
Un punto che merita di essere messo in evidenza è legato alla gestione dell’acqua, dal momento che la siccità paradossalmente è un problema con cui il Paese si trova a convivere e allo stesso modo lo è la sovrabbondanza. E come sappiamo, la pioggia sui terreni asciutti (aridi) non penetra ma scivola arrivando a provocare i drammi che ci troviamo a raccontare. Diventa quindi necessario mettere a punto un quadro di riferimento per valutare gli investimenti idrici. Così come bisogna dire stop al consumo di suolo: la situazione è invece in peggioramento visto continuiamo a “divorare” 2 metri quadrati al secondo, sfiorando i 70 chilometri quadrati di nuove coperture artificiali in un anno.