di Gaetano Sateriale, Coordinatore CERS Emilia Romagna e Ferrara 2030, componente del Comitato Scientifico dell'Ass. Nuove Ri-Generazioni
Un tempo si diceva: “meglio prevenire che curare”. Era giusto e sacrosanto, sia dal punto di vista della salute delle persone sia da quello dei conti economici del sistema. L’emergenza costa di più (in termini di vite umane e di soldi spesi) che non la prevenzione. Negli anni non si può dire che il sistema sanitario italiano sia andato in questa direzione. Anche l’emergenza Covid ci ha insegnato che intasare il pronto soccorso degli ospedali voleva dire moltiplicare rischi e contagi. E poi parlare di “sistema sanitario italiano” è già un’utopia. In Italia di sistemi sanitari diversi fra loro ne esistono almeno 20 e tutti stanno scivolando verso un modello a minore presenza pubblica (di regia e risorse), a vantaggio di una sanità privata crescente con costi e difficoltà spesso insopportabili per coloro che ne hanno bisogno. Il Welfare delle persone è in crisi nel nostro Paese, malgrado le passate efficienze.
“Prevenire è meglio che curare” dovrebbe essere la bussola anche per quel che riguarda i rischi di dissesto idrogeologico che periodicamente colpisce quasi tutte le aree del nostro Paese. Anche in questo caso l’emergenza sembra non insegni nulla e quando si parla di prevenzione si fanno chiacchiere cui non corrisponde nessun intervento operativo. Certo che esiste un drammatico cambiamento climatico che ci fa convivere con fenomeni atmosferici di portata mai vista prima (in un senso e nell’altro: piogge intense e siccità prolungata). Ma dovrebbe esistere anche una politica programmata di manutenzione rivolta ai fiumi, alle coste, ai crinali delle montagne, ai boschi. Lo stesso per quanto riguarda la capacità di smaltimento delle città, sempre più cementificate e con sistemi di trattamento delle acque vecchi e sottodimensionati rispetto ai bisogni.
La verità è che la politica preferisce agire nelle emergenze perché danno un maggiore ritorno di immagine (e anche la magistratura si muove meglio nella ricerca delle responsabilità penali ex post invece delle inadempienze ex ante). A questo annoso ballare sul Titanic si aggiunge la follia delle autonomie differenziate come se l’Italia fosse una Federazione di Regioni autonome.
L' Associazione Nuove Ri-Generazioni aveva da tempo individuato la necessità di investire risorse e competenze su 2 Welfare: il Welfare delle persone e il Welfare del territorio. L’obbligo persino morale, potremmo dire, di superare la cultura delle emergenze (in cui gli italiani danno prova di un grande senso di supplenza e solidarietà). Andare nella direzione dei 2 Welfare significa programmare interventi di manutenzione pluriennali da realizzare in tutto il Paese (preparare per tempo un nuovo vestito, non attaccare delle pezze ogni volta che si creano buchi). Tra l’altro, questa scelta produrrebbe la creazione di molti posti di lavoro nuovo e molte nuove imprese. Con tutta la gratitudine per gli esempi encomiabili di assistenza e solidarietà visti in questi giorni di inondazione (come negli eventi sismici precedenti), bisogna andare oltre il volontariato e creare posti di lavoro duraturi e stabili.
Per coinvolgere e mobilitare serve un’idea collettiva del Paese e della direzione da intraprendere.
Il Piano del Lavoro della Cgil era fondato su questa logica: partire dai bisogni delle persone e del Paese per creare più lavoro di qualità. Sarebbe ora di riprendere e sostenere questa strategia: senza il benessere delle persone e del territorio è improbabile che cresca il benessere del Paese e che si crei lavoro di qualità.