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Immagine tit dirittidi Serena Moriondo

Nel 2022 abbiamo pubblicato, su questo sito, un articolo del medico Marco Geddes da Filicaia, che esordiva così: "Facile affaticabilità, pallore, mancanza di respiro, sono sintomi di anemia sideropenica. La moria di topi un segno evidente dell’approssimarsi della peste. Costruire il nemico, da parte di un Governo, indica la trasformazione di tale istituzione in un regime. Da alcuni segni, dall’esame del particolare si può presumere, o intravedere, un problema generale. Mi sono tornate alla mente queste considerazioni di fronte a una serie di sintomi che sembrano predittivi di una sistemica crisi del nostro Servizio sanitario nazionale. Si tratta di alcuni eventi, riportati dalla cronaca quotidiana, occorsi in queste ultime settimane. Mi riferisco, ad esempio, non tanto alla situazione critica in cui versano molti Pronto Soccorso, ma ai conseguenti provvedimenti che sono stati presi in alcune realtà per tappare, alla meno peggio, tali falle del sistema di emergenza urgenza. Si dirà che sono provvedimenti occasionali, giustificati dalla necessità di mettere in atto, con immediatezza, un qualche rimedio e dalla mancanza di alternative. Forse sarà così, ma proprio per questo sono sintomi dello sfascio in cui, in molte situazioni, ci troviamo; segno evidente di aver, come si suol dire, “raschiato il fondo del barile” in assenza di soluzioni più adeguate e di lunga durata."

I provvedimenti a cui si riferiva riguardavano un accordo con Cuba siglato dalla Regione Calabria per l’invio di 500 medici; il tentativo della Regione Puglia di acquisire 100 medici dall’Albania mentre la Regione Veneto ne richiedeva 250 dall’Ucraina. Tutto questo mentre in altre realtà, come nelle Aziende sanitarie della Sardegna o della Emilia Romagna, si ricorreva a "medici “a gettone”, detti turnisti, termine derivato dal fatto che sono chiamati per coprire i turni scoperti;; ciò avviene con l’intermediazione di società di ingaggio, quali cooperative costituite ad hoc: la società prende 900 1.000 euro per un turno di guardia, di cui almeno 700 arrivano al turnista (evito la parola “professionista”)." Condizione che sappiamo valere anche per gli infermieri e altre figure professionali.

Situazione altrettanto critica è quella che riguarda il territorio: solo per parlare dei Medici di Medicina Generale o dei Pediatri di Liìbera Scelta, ad esempio, sappiamo che la carenza di medici di famiglia -  con circa 2.900 mila in meno rispetto al rapporto ottimale tra presenza di professionisti e numero di assistiti - peggiorerà perchè stiamo arrivando al picco di uscite da pensionamento: tra i 12 e i 15 mila medici potrebbero lasciare la professione nei prossimi 3 anni, con una punta massima tra il 2024 e il 2025. La situazione dei pediatri non è migliore: secondo l'ultimo aggiornamento del report Agenas riguardante il personale del Servizio Sanitario Nazionale, nel 2021, sono diminuiti del 5,5% (erano 7.022, ovvero 386 in meno rispetto al 2019). Calo che non può essere giustificato dal fenomeno della bassa natalità.

Di fronte al processo di "desertificazione" del personale  e di liste d’attesa che si sono allungate oltre i limiti sostenibili costringendoci ad attese infinite per una risposta ad un bisogno di salute che va oltre la singola prestazione - realtà ripetutamente denunciata dai sindacati della Funzione Pubblica -  i Governi che si sono succeduti anzichè potenziare le figure professionali esistenti con nuove assunzioni si sono, via via inventati, figure alternative il più delle volte provenienti dal privato o dal volontariato, come il super Operatore Socio Sanitario,  l’assistente infermiere, l’assistente alle mamme che spesso si sovrappongono alla figura di professionisti della salute e senza preservare un approccio interprofessionale.

Esperti di varie discipline sono oramai concordi nel sostenere che le nostre categorie interpretative, fondate su metodi di lettura del territorio che consentivano fino a pochi anni fa un’attendibile rappresentazione del contesto fisico e della domanda sociale, si stanno arenando contro la progressiva frammentazione della società, l'impoverimento, le disuguaglianze che si riscontrano in modo articolato con un aumento di nuove forme di sofferenza psichica. Anche in questo caso di fronte a un problema che coinvolge soprattutto i giovani, i Governi hanno scelto la strada dei bonus ("Bonus", 2022), come quello per lo psicologo che da 600 è passato a 1500 euro.

L’epidemia da Covid-19 ha messo in luce che viviamo nell’età della fragilità emersa dall’interazione sinergica  delle patologie cronico-degenerative e delle sovrainfezioni. La risposta alla pandemia, nonostante lo straordinario impegno delle lavoratrici e dei lavoratori del settore,  ha evidenziato i limiti dei modelli di assistenza (l’assenza di trasparenza, la scarsa integrazione sociosanitaria, il gap strutturale tra risorse e bisogni, la frammentazione dei servizi, la carenza strutturale di personale, l’uso sporadico della tecnologia digitale, un'assistenza domiciliare inadeguata...). L’Italia è anche uno dei Paesi più “vecchi” dell’Ue20, sia per età media, sia per prevalenza della popolazione anziana: l'indicatore di aumentata aspettativa di vita è un traguardo importante che rappresenta indubbiamente una grande conquista, in quanto testimonia il crescente miglioramento delle condizioni di vita e i progressi della medicina ma, porta con sè, la necessità di affrontare un aumento di malattie cronico-degenerative che richiedono cure e assistenza continuative. Ciò significa non solo investimenti economici ma un modello di assistenza che tenga conto che il 27%  delle persone ultrasettantacinquenni, in questo Paese, ritiene di non poter contare più su nessuno in caso di necessità. Un popolo di anziani soli rappresenta un panorama inedito dal punto di vista assistenziale, soprattutto nel contesto italiano abituato al ruolo cruciale della famiglia, e delle donne in particolare, nelle funzioni di cura.

Un ampio e solido corpo di evidenze epidemiologiche converge nell’indicare che più sono marcate le differenze di reddito tra ricchi e poveri, più le popolazioni tendono a soffrire di un peso maggiore di una vasta gamma di problemi sanitari e sociali. Maggiore è il divario socio-economico e salute fisica e mentale sono peggiori, l’aspettativa di vita è più bassa, i tassi di violenza sono più alti, i punteggi di alfabetizzazione e preparazione scolastica tendono ad essere più bassi, l’abuso di droghe è più comune e più persone finiscono nei complessi di detenzione carceraria senza alcuno sbocco sociale. Più alta la disuguaglianza, maggiore la percentuale di persone fragili nella popolazione. E l'Italia, seppur non al livello di altri Paesi, è entrata oramai a far parte di questo contesto.

In questo quadro d'insieme ciò che più preoccupa è il fatto che il nostro Servizio sanitario sia arrivato a questo punto. Come è stato possibile? Abbiamo una Costituzione che all’articolo 32 sottolinea che la salute è un diritto per tutti i cittadini. Abbiamo una legge, quella del 1978 di istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, che in molti ci invidiano al mondo, che si basava sulla garanzia di questo bene prezioso per tutti, attraverso il circuito prevenzione-cura-riabilitazione. Come, dunque, è stato possibile arrivare a dissipare un servizio pubblico così importante che lo stesso Presidente della Repubblica ha definito "un patrimonio prezioso da difendere e adeguare"?

Nel 2019, con la pubblicazione del libro "Conversando con Nerina Dirindin di Serena Moriondo" (ed.Ediesse) su come difendere e cosa cambiare del Servizio Sanitario nazionale, nell'affrontare un tema così complesso, abbiamo cercato di offrire una visione meno parziale del SSN spiegando che, quando si tratta il tema della salute, dobbiamo tenere sempre presente che molti sono gli attori sulla scena, diversi gli interessi in gioco, numerosi i vincoli dati dal contesto economico. Le politiche per la salute sono, altresì, un potente traino per l'economia e l'occupazione, anche con rischi concreti di infiltrazione della criminaliotà organizzata, e senz'altro un importante fattore di sviluppo di settori ad alta tecnologia e intensità di ricerca.

Ma un SSN, per essere universale e solidale, ha fra i propri obiettivi non solo l'efficienza e l'equità. Non si tratta solo di curare tutti allo stesso modo (obiettivo che un Paese civile dovrebbe comunque sempre porsi) ma,  soprattutto, mettere a disposizione di tutti, senza alcuna discriminazione, i servizi necessari, compresi quelli di igiene e sanità pubblica che nessuna copertura assicurativa o welfare aziendale potrebbero offrirci ("L'arte del camouflage", 2021). Fondi e WA hanno, al contrario, dimostrato di essere un costoso strumento destinato ad aumentare sempre più i consumi sanitari, per lo più a prescindere dai criteri di appropriatezza.  Una fetta delle lavoratrici e dei lavoratori scambiano servizi sanitari e sociali privati con meno remunerazione in busta paga, meno pensione, meno TFR con oneri a carico della collettività non giustificati da adeguati benefici.

goal 3 rettangoloE mentre il mancato gettito per lo Stato non è parimenti giustificato da iniziative di valore sociale e di interesse pubblico, Governi e  Regioni hanno messo in atto il proprio crescente disimpegno nei confronti della salute disinvestendo da quel modello sociale gratuito e universalistico conosciuto in tutto il mondo (il Fondo sanitario dal 6,7 al 6,1 del PIL è notizia di questi giorni. Nella Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza per il 2024 si prevede infatti una spesa di 132,946 mld pari al 6,2% del PIL; nel 2025 si sale a 136,701 sempre al 6,2% del PIL e, infine, nel 2026 si prevedono 138,972 mld di euro con un'incidenza in calo al 6,1% sul PIL).

La sensazione di una mancata percezione della drammaticità della situazione in cui versa il SSN è netta. A chi giova tutto questo è di altrettanta facile intuizione.

Ci sono recenti iniziative dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) particolarmente significative che possono aiutarci a comprendere la più stretta relazione tra il vero significato di benessere e quello di economia, oltre alla necessità di un'azione urgente di difesa e rilancio dei servizi sanitari pubblici a livello globale (vd. "Salute per tutti", 2023).Perchè, come denuncia l'OMS,  l'economia ha finora misurato il prezzo di tutto e il valore di niente. Questo deve cambiare.