La povertà in Italia è un fenomeno strutturale visto che tocca quasi un residente su dieci, il 9,4% della popolazione residente vive infatti, secondo l'Istat, in una condizione di povertà assoluta. Se si pensa che solo quindici anni fa il fenomeno riguardava il 3% della popolazione si comprende quanto siano state compromettenti per l’Italia le gravi crisi globali attraversate a partire dal 2008 fino alla pandemia da Covid-19, a cui si aggiungono ora gli effetti delle guerre che stanno impattando pesantemente su coesione sociale, sviluppo, inflazione e scambi commerciali. In termini assoluti si contano 5milioni 571mila persone in stato di povertà assoluta, erano 1,8 milioni solo tre lustri fa’.
Nel mondo sono 836 milioni le persone che vivono ancora in povertà estrema. Una crescita economica iniqua ha aumentato la povertà ovunque, una povertà che va ben oltre la sola mancanza di guadagno e di risorse per assicurarsi da vivere in maniera sostenibile. Tra le sue manifestazioni c’è la fame e la malnutrizione, l’accesso limitato all’istruzione e agli altri servizi di base, la discriminazione e l’esclusione sociale, così come la mancanza di partecipazione nei processi decisionali. Per questo l'Agenda ONU 2030 ha posto il contrasto ad ogni forma di povertà al numero uno tra i suoi obiettivi.
Nel paniere dei beni considerati essenziali non più, quindi, soltanto beni che riguardano il cibo ma anche la disponibilità di avere casa e servizi. Il paniere è stato aggiornato con la Coicop 2018, la nuova classificazione di riferimento internazionale della spesa per consumi, che cerca di fornire un quadro di categorie omogenee di beni e servizi destinati al consumo delle famiglie.Nello specifico l’ISTAT, l'stituto nazionale di statistica, ha adottato questa nuova classificazione, a seguito della nuova normativa europea (Regolamento Ue 2019/1700), che introduce cambiamenti anche nella classificazione di beni e servizi destinati al consumo da utilizzare nell’indagine sulle spese delle famiglie italiane.
Nel suo intervento, la professoressa Chiara Saraceno - nel corso del Convegno realizzato dall'Istat su povertà assoluta: revisione della metodoglogia e prospettive di misura del fenomano tenutosi il 7 novembre scorso a Roma - ha spiegato che "Il paniere di beni, è più ampio di quello di sussistenza non solo perché è contestualizzato – nei beni che individua come necessari – nel tempo-spazio sociale cui si riferisce, ma perché è pluridimensionale e non trascinato univocamente dalla componente alimentare".
Nel dibattito internazionale, in effetti, si fronteggiano due definizioni diverse di povertà assoluta che si
riferiscono a concezioni di bisogni fondamentali differenti. Una prima definizione, più consolidata e che ha tra i suoi sponsor la World Bank, basata su una concezione di pura sussistenza, considera povertà assoluta la mancanza di risorse sufficienti a soddisfare, appunto, i bisogni di sopravvivenza: cibo, acqua bevibile, un tetto sulla testa e poco altro. La versione più estrema di questa definizione è quella utilizzata per comparare Paesi tra loro e il cambiamento nel tempo. Secondo questa definizione, si trova in povertà assoluta chi vive con meno dell’equivalente in potere d’acquisto di 2,15 dollari al giorno. Si tratta di una cifra così bassa che anche una buona parte di coloro che sono al di sopra possono far fatica a sopravvivere e a maggior ragione a vivere
dignitosamente. Basti considerare che nel 2020 corrispondeva a € 1,39 al giorno in Italia, €1.41 in Portugal, 7.49 yuan in China, 22.49 pesos in Mexico, 355.18 naira in Nigeria. Difficile sostenere che si possa soddisfare I propri bisogni di base con quella cifra e che chi ne è un poco al di sopra possa avere una vita decente.
Per questo, vi sono state diverse proposte per arrivare ad una identificazione della povertà assoluta in modo meno arbitrario. Una seconda definizione di povertà assoluta, basata sugli approccio dei diritti umani e delle capacità, considera povertà assoluta l’impossibilità a raggiungere livelli minimi accettabili delle capacità fondamentali (Sen, 1992; Tiraferri, 2008). Queste includono certo l’alimentazione, la salute (inclusa la protezione dal rischio di mortalità infantile) e l’abitare, ma anche l’istruzione, il riconoscimento, la dignità e soprattutto la possibilità di scegliere che vita condurre, quindi anche la misura in cui i diritti umani sono rispettati o viceversa violati. Perciò il difficile o impossibile accesso all’istruzione, alle cure mediche, al mercato del lavoro, l’assenza di protezione dallo sfruttamento, forti disparità nei rischi di mortalità infantile e nelle speranze di vita a seconda della condizione sociale e del luogo di residenza, sono dimensioni altrettanto importanti di quelle economiche nel determinare la povertà assoluta e come tali andrebbero considerate nell’individuarla e misurarla. In questa prospettiva, Alkire e Foster (2011) hanno proposto il Multidimensional Poverty Index, allo scopo di misurare la povertà tramite un set di indicatori di deprivazione che si riferiscono alle dimensioni utilizzate nell’Indice di sviluppo umano - salute, istruzione, livello di vita.
Di seguito un estratto dalla relazione introduttiva del Presidente dell'Istat:
- I risultati dell’indagine, resi pubblici nel luglio del 1953, fotografavano un'Italia affetta da un drammatico squilibro, che, pure nelle sue differenze, ci richiama all’oggi e alle miserie, vecchie e nuove, che, a distanza di così tanto tempo, devono ancora trovare soluzione. Certo il tenore di vita medio della popolazione non è quello di 70 anni fa. Da allora, grazie alle battaglie civili, alle riforme, alle politiche, e agli interventi, molta strada è stata fatta, ma i dati provano che tanta parte dei nostri concittadini sono ancora troppo lontani dal poter vivere un’esistenza dignitosa. La statistica ufficiale ha fatto la sua parte per fare luce su questi squilibri e sulle caratteristiche strutturali della povertà. Negli ultimi due decenni, poi, siamo capaci di leggerne le diverse dimensioni, i precursori e le manifestazioni, attraverso un repertorio di indicatori molto fini e sensibili delle condizioni socio-economiche delle famiglie. Indicatori sul reddito, le condizioni di vita e il rischio di povertà (derivati dall’indagine EU-SILC), misure dei comportamenti di spesa, della povertà assoluta e di quella relativa (derivati dall’indagine sulle spese delle famiglie), indicatori sull’andamento dei prezzi al consumo per misurare l’impatto dell’inflazione sui gruppi di famiglie distinti per capacità di spesa, sperimentazioni più che promettenti per la stima di parità infra-nazionali del potere d’acquisto, sono le tessere principali di un mosaico che è possibile comporre per una lettura integrata delle condizioni di vita della famiglie e della loro evoluzione. Una lettura che consegna alla politica una indispensabile base di conoscenza per interventi altrettanto multidimensionali, accuratamente profilati, e dinamici. Queste misure statistiche vanno continuamente migliorate, ampliate, e rese sempre più affidabili.
- L’Istat ha cominciato a collaborare con esperti esterni sulla definizione di una metodologia di stima della povertà assoluta già a partire dagli anni 90. Nel 2004 il tema fu ripreso da una Commissione Interistituzionale di studio, presieduta prima da Massimo Livi Bacci e poi da Andrea Brandolini, il cui lavoro converge nelle stime di povertà assoluta diffuse dall’Istat nel 2009, con riferimento al 2007. La metodologia definita dalla Commissione è stata alla base delle stime annuali fino al 2021. A luglio 2015 l’Istat aveva poi pubblicato stime sulla povertà assoluta basate sui dati della nuova indagine sulle spese delle famiglie, che ha sostituito la precedente indagine sui consumi. La nuova rilevazione era il risultato di profonde revisioni: dal disegno campionario agli strumenti d’indagine, dalla classificazione di riferimento dei consumi (COICOP con un livello di dettaglio a 5 digit) alla tecnica di rilevazione (passata da PAPI a CAPI). Il cambio di indagine aveva richiesto anche una revisione della serie storica 2005-2013 determinata dai nuovi livelli di spesa. Alla fine del 2015 è stato istituito un Gruppo di lavoro inter-istituzionale che ha valutato la qualità delle stime della povertà assoluta alla luce dei dati basati sulla nuova indagine.
- L’Italia è l’unico paese europeo a essersi dotato di una misura di povertà assoluta. La definizione di una misura comparabile tra i diversi Stati membri dell’UE è stata al centro di un Progetto Pilota “Measuring and monitoring the absolute poverty, ABSPO” lanciato alla fine del 2018 dalla Commissione Europea. Per la sua lunga esperienza nella misurazione della povertà assoluta, l’Istat ha collaborato alle varie fasi del Progetto ABSPO. Il rapporto finale, presentato nell’ottobre del 2021, con la partecipazione di vari esperti e anche dell’Istat, ha proposto un’ampia rassegna delle possibili alternative metodologiche, ma allo stato attuale non è definito se e quando verrà introdotta una misura europea di povertà assoluta, la cui coerenza con la definizione italiana andrà eventualmente valutata.
- La metodologia di stima aggiornata era stata definita nel lontano 2004 e, quindi, il lavoro di revisione era diventato ormai urgente, anche se la misura utilizzata fino al 2021 si era rivelata affidabile anche in presenza di fattori potenzialmente perturbatori come i nuovi dati d’indagine sulle spese delle famiglie, ristrutturata nel 2014, e lo shock della pandemia. Per questa ragione, all’inizio dei lavori della Commissione avevamo convenuto che avremmo avuto bisogno di un aggiornamento ponderato, di un’accurata revisione, piuttosto che di una modifica sostanziale dell’impianto metodologico e, in effetti, è proprio con questa filosofia che abbiamo lavorato. Alcune circostanze concomitanti all’aggiornamento della metodologia di stima della povertà richiedevano di dare luogo a un’unica e simultanea revisione della relativa serie storica, per evitare di dover fare più revisioni in successione: l’introduzione nel 2022 della nuova classificazione delle spese per consumi delle famiglie (Coicop 2018) e l’aggiornamento della popolazione di riferimento delle stime sulla base dei nuovi dati censuari.
- Dopo due anni dall’avvio dei lavori il convegno presenta i frutti di questo impegnativo percorso: dalla revisione delle diverse componenti del paniere di povertà assoluta (alimentare, abitativa e residuale) all’utilizzo di nuove basi dati per valorizzare le componenti del paniere e ridefinire le soglie, dalla revisione dei coefficienti di risparmio utilizzati per tenere conto della dimensione familiare all’articolazione territoriale delle stime per restituire una migliore rappresentazione del fenomeno sulle diverse aree del Paese. Il dibattito che si è sviluppato nell’ambito dei gruppi di lavoro e delle riunioni plenarie della Commissione ha sollevato complessi problemi di natura concettuale (definizione di povertà, misurazione del welfare, reference budget, ecc.) e ha esteso la riflessione sulla misura della povertà assoluta ai più recenti approcci di tipo multidimensionale e al superamento di una visione esclusivamente basata sui dati di spesa monetaria, con uno sguardo attento anche alle altre componenti del benessere, non solo a quelle di natura strettamente economica. Per questo, la presentazione della nuova metodologia è stata anche l’occasione per riflettere sugli sviluppi futuri e formulare raccomandazioni che aiutino a delineare il cammino da seguire nell’intervallo tra i successivi aggiornamenti fisiologici.
Link: Videoregistrazione convegno
Link: per consultare gli ultimi dati sulla povertà e visionare le slide degli interventi QUI
* Foto di nick-fewings su unsplash
Per la Redazione - Serena Moriondo