Le coste italiane rappresentano una delle cartine di tornasole più importanti, insieme alle aree urbane, per capire quali processi ambientali e di gestione sostenibile stanno avvenendo sul territorio, ma soprattutto per analizzare gli impatti che i cambiamenti climatici stanno già portando (a lato, tratto di costa di Agrigento).
La popolazione italiana si addensa sulle coste in misura più che doppia rispetto alla media nazionale, infatti dai dati ISTAT (anno 2019) si ricava che i comuni costieri contano una popolazione di circa 16,9 milioni di abitanti, ovvero il 30% della popolazione italiana, concentrati su un territorio di 43.000 km2, pari a circa il 13% del territorio nazionale. Alcune aree costiere sono prossime alla saturazione, con il territorio litoraneo entro i 300 m dalla riva completamente urbanizzato (provincia di Massa-Carrara), altre invece vivono una condizione più articolata, fatta di grandi aree urbanizzate, solitamente collegate ai centri urbani marittimi, ma anche di tratti di costa naturale e libera da costruzioni e opere.
Nel 2011, il 35,8% del territorio nazionale compreso nella fascia dei 300 m dalla riva risultava urbanizzato, per un valore complessivo di 731 km2 su 670 comuni. Via via, nel tempo, le coste italiane hanno assistito alla nascita di insediamenti abitativi, in parte abusivi, che spesso hanno letteralmente raggiunto il mare. Ai processi di urbanizzazione si sono aggiunte infrastrutture viarie e ferroviarie. Il consumo di suolo nei Comuni costieri italiani è pari ad oltre 420mila ettari al 2021 che corrisponde al 27% del totale di suolo consumato in Italia. (a lato, erosione della spiagga a Messina)
Il numero degli eventi meteo-idrologeologici avvenuti nei comuni costieri, mappati dall’Osservatorio CittàClima di Legambiente e che hanno causato danni a edifici, persone, infrastrutture e attività produttive, è elevatissimo: 712 su 1.732 eventi totali, pari al 41,1% (Legambiente ha promosso la creazione di un Osservatorio sui Paesaggi Costieri: www.paesaggicostieri.org).
Secondo Enea - in uno scenario di riscaldamento della temperatura media globale se non si interviene con azioni di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici - sono 40 le aree che risultano a rischio inondazione al 2100. Gli eventi meteo-idrogeologici sono concentrati in 240 sul totale dei comuni costieri, pari al 37,3%.
Il cambiamento climatico di origine antropica ha contribuito ad aumentare il livello medio dei nostri mari di oltre 25 centimetri negli ultimi 130 anni. Cosa accadrà nei prossimi anni al Mediterraneo è presto detto: il futuro non ci riserva buone notizie. Se non riusciremo a invertire l’attuale crescita della temperatura globale, a fine secolo, tra 80 anni, il livello del mare sarà più alto di circa 60 centimetri rispetto ad oggi. Si tratta di valori da non sottovalutare. Pochi centimetri di innalzamento determinano l’allagamento di parecchi chilometri quadrati delle nostre coste. Negli ultimi decenni l’innalzamento del mare non è stato omogeneo nel Mediterraneo: dai dati del periodo 1993–2017, l’aumento osservato varia da un minimo di 1,95 mm/anno nello Ionio a un massimo di 3,73 mm/anno nell’Egeo.
Secondo la Commissione Europea senza misure di mitigazione del clima e di adattamento delle coste, i danni annuali causati dalle inondazioni nell’UE e nel Regno Unito potrebbero aumentare notevolmente, passando da 1,4 miliardi di euro oggi a quasi 240 miliardi di euro entro il 2100.I maggiori danni assoluti sono previsti in Germania, Danimarca, Francia, Paesi Bassi, Regno Unito e Italia. Nel nostro Paese sono 40 le aree a maggior rischio, secondo le elaborazioni di Enea contenute nello studio “Variazione del livello del mare lungo la costa italiana negli ultimi 10.000 anni” , con migliaia di chilometri quadrati di aree costiere che rischiano di essere sommerse dal mare, in uno scenario al 2100 e in assenza di interventi di mitigazione e adattamento. Una variazione “media” di livello del mare di questa portata avrebbe un impatto assai importante in termini di erosione delle coste ed esposizione alle inondazioni tanto che, opere ingegneristiche come il MOSE ad esempio, potrebbero non essere sufficienti a difendere Venezia dall'acqua alta. Oltre all’innalzamento del livello, il riscaldamento delle acque marine provocherà l’inibizione parziale della formazione delle acque profonde che, trasportando ossigeno verso gli strati profondi, permette al mare di "respirare", creando le condizioni per la sopravvivenza degli habitat naturali.
L’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha individuato recentemente, tra i 644 comuni costieri italiani, quelli che presentano alti tassi di erosione; sono 54 quelli che ad oggi hanno visto arretrare il loro tratto di costa di più del 50% dell’intero tratto di competenza; sono 22 i comuni che presentano un superamento compreso tra il 50% e il 60% della costa; sono 16 quelli tra 60% e 70%, 8 tra 70% e 80% e 7 tra 80% e 90%. Rotondella in Basilicata risulta essere l’unico comune caratterizzato da un’erosione diffusa sull’intero tratto costiero. (*)
Se il numero dei comuni appare limitato, a fronte di un numero totale di 644 comuni costieri, va considerato che le percentuali riportate riguardano l’intera costa di ciascun comune, occupata anche da tratti che non sono spiagge e che non possono quindi andare in erosione, come i tratti di costa rocciosa, le foci fluviali e tutte le opere antropiche. Ma, soprattutto, che le percentuali non mostrano un andamento “naturale” della dinamica costiera, ma a valle di tutte le opere di difesa costiera e dei ripascimenti effettuati. Ciò significa che è opera nostra.
Sono 16 i comuni che, in controtendenza, presentano tratti di costa in avanzamento di lunghezza superiore all’80% della costa di competenza: Altidona, Camaiore, Campofilone, Camporosso, Curinga, Grisolia, Mondragone, Montebello Jonico, Numana, Pietrasanta, Porto Viro, Sant’Alessio Siculo, Satriano, Stilo, Viareggio, Villafranca Tirrena.
Alcuni punti per avere chiari i termini della questione:
- le spiagge non sono mai perfettamente stabili nel tempo, la linea di costa avanza o retrocede rispetto alla terraferma secondo delle dinamiche naturali che prescindono dalle attività umane;
- le forzanti inserite dalle attività umane come la regimentazione dei corsi d’acqua o la sottrazione di sabbia dagli alvei per uso edilizio, hanno come conseguenza una drastica diminuzione dell’apporto fluviale dei sentimenti, da cui una tendenza all’erosione delle spiagge;
- il sistema spiaggia non finisce con il limite dell’arenile, ma con quello della duna costiera, senza di essa la spiaggia perde la sua capacità di difendersi naturalmente dalle mareggiate più grosse;
- il ripascimento degli arenili e soprattutto la protezione delle coste fatta con opere rigide (pennelli, scogliere, opere miste,…), queste ultime realizzate soprattutto come soluzioni “di emergenza” ove non se ne possa fare a meno, ad esempio per la protezione delle infrastrutture, spesso è associata ad uno o più aspetti negativi, tra cui ricordiamo: a) Costi e provvisorietà: tutti gli interventi hanno un costo, spesso i meno impattanti, come in ripascimenti, hanno una vita utile di pochi anni, il che rende necessario intervenire periodicamente; b) Deterioramento delle condizioni ambientali e paesaggistiche, come per esempio nei già citati impatti visivi e della stagnazione delle acque presso le opere rigide; c) Danni da erosione nei paraggi limitrofi: normalmente un accrescimento nella direzione da cui proviene la corrente d’onda dominante determina un’erosione ancora più vistosa dei paraggi nella direzione opposta, basti pensare all’insabbiamento del porto di Saline Joniche, che ha comportato la sparizione pressoché completa delle le spiagge fino a Capo d’Armi. Uno dei problemi più comuni è dunque che continuiamo ad intervenire con opere come pennelli e barriere frangiflutti, arrivando in totale a ben 10.500 opere rigide lungo le coste italiane, quasi 3 ogni 2 chilometri di costa.
Queste informazioni sono utilizzate come riferimento dei processi che riguardano, tra gli altri, il Maritime Spatial Planning nazionale, la
Strategia Marina Europea, le azioni del PNRR-MER. Sono inoltre state sviluppate per mantenere una coerenza ed una precisione soddisfacente anche per gli studi a livello di unità fisiografica o di Enti locali. Da segnalare che in Italia, nel 2016 è stato costituito il Tavolo Nazionale sull’Erosione Costiera che ha contribuito ad inquadrare e affrontare la problematica del fenomeno dell’erosione. Le Linee Guida pubblicate nel 2018 rappresentano ancora un punto di riferimento in materia.
I dati aggiornati e pubblicati da Ispra sull’erosione costiera relativi al 2020 rappresentano, dunque, un punto di riferimento per l’analisi ambientale di tutto l’assetto costiero nazionale. La nuova versione contiene l’integrazione dell’analisi spaziale rispetto al periodo 2006-2020 ed apporta alcune modifiche di dettaglio che riguardano sia “Linea di Costa”, sia lo strato “Linea di Retrospiaggia”, quella che separa la spiaggia dalla zona retrostante dove comincia la colonizzazione vegetale, oppure dove sono presenti opere antropiche, opere di difesa, opere portuali. In seguito a questo ulteriore aggiornamento e attraverso il confronto fra i dati del 2006 e del 2020, Ispra fornisce un quadro dello stato attuale della linea di costa nazionale a livello comunale con relativa caratterizzazione dell'uso del suolo.
In questo modo sono state arricchite e implementate le coperture pubblicate sul Portale delle Coste proprio a supporto della pianificazione e della programmazione, tanto più necessarie oggi, in cui sono ben note le conseguenze sulle coste degli effetti dei cambiamenti climatici (erosione costiera, sfruttamento della “risorsa spiaggia”, artificializzazione delle coste, degrado del paesaggio).
Lo studio della dinamica litoranea su qualsiasi tratto costiero italiano e la possibilità di mettere in relazione l’estensione del tratto in arretramento rispetto all’intera estensione del litorale costiero comunale è anche un utile strumento per chi come il sindacato e il mondo dell'associazionismo si batte per la tutela e la valorizzazione del territorio sia dal punto di vista ambientale che economico e sociale.
In conclusione, l’erosione delle coste italiane ha raggiunto in molti tratti livelli di grave dissesto e, considerata la rapida evoluzione dei fenomeni di arretramento delle spiagge degli ultimi anni, le prospettive future sono preoccupanti.
Per questo motivo, si rende necessario allargare la collaborazione tra i soggetti che hanno competenza in materia di difesa delle coste con l’obiettivo di favorire uno sviluppo sostenibile della fascia costiera e la difesa di quella risorsa naturale che rappresenta l’elemento caratterizzante del paesaggio della penisola e delle isole italiane.
* L'Italia sottopone la fascia costiera, in particolare i territori compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla battigia, tra i beni sottoposti a tutela di legge per il loro interesse paesaggistico (La legislazione di riferimento D.Lgs. 490/99 e il D.Lgs. 42/04 e s.m.i.)
Link: Portale delle Coste
Link: Manuale d'uso Linea di Costa
Per la Redazione - Serena Moriondo