In un contesto di tensioni politiche e discussioni deludenti e preoccupanti che si stanno consumando a Dubai per la Conferenza mondiale sul clima, secondo Legambiente è tempo di pagelle anche per l’Italia. Dopo la bocciatura sulle politiche climatiche con l’Italia retrocessa al 44esimo posto nella classifica delle performance climatiche tra i principali Paesi del Pianeta, arriva un’altra pesante nota negativa per il nostro Paese. Questa volta sul fronte delle politiche energetiche, visto che il nostro Paese, ancora oggi, continua a puntare sulle fonti fossili, mentre le rinnovabili e i tanti progetti che riguardano la realizzazione di nuovi impianti continuano a restare fermi sulla carta. I numeri messi in fila da Legambiente al XVI Forum QualEnergia con il report “Stop sussidi ambientalmente dannosi” parlano chiaro.
Speculazione sul gas post pandemia e conflitto in Ucraina, che hanno portato un aumento vertiginoso dei prezzi energetici e poi dei diversi prodotti, tra cui quelli alimentari, hanno determinato in Italia, e non solo, un nuovo protagonismo delle fonti fossili, dove il gas fossile assume un ruolo da protagonista delle nuove dinamiche energetiche considerandolo la base essenziale per garantire sicurezza e qualità della vita. Basta guardare ai Paesi del G20. Basta guardare ai Paesi del G20, dove l’OECD (Organization for economic cooperation and development), nel 2020, aveva stimato sussidi alla produzione e al consumo di fonti fossili in 147 miliardi di dollari, passati poi, nel 2021, a 190 miliardi , e per il 2022 secondo l’IISD - International Institute for Sustainable Development – a 1.400 miliardi di dollari tra sussidi, investimenti da parte di compagnie statali e prestiti da istituzioni finanziarie pubbliche, mettendo in evidenza come 967 miliardi di dollari fossero destinati direttamente ai consumatori, e ben 440 miliardi di dollari fossero invece destinati a investimenti diretti alla produzione. Dati che crescono ancora di più se guardiamo all’ultimo Rapporto pubblicato dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) che vedono i sussidi alle fonti fossili, nel 2022, arrivare a ben 7.000 miliardi di dollari, pari al 7,1% del PIL globale, 2.100 miliardi di dollari in più rispetto allo studio del 2020, facendo registrare un importante balzo in avanti e con un trend in costante crescita dal momento che lo stesso Fondo prevede che i sussidi, al 2030, supereranno gli 8.000 miliardi di dollari. L'Italia risulta in linea con questo trend.
Nel 2022, con le misure messe a punto dal governo Draghi, il Paese ha speso 94,8 miliardi di euro in attività, opere e progetti connessi direttamente e indirettamente alle fonti fossili, ma anche sostegno non strutturale e basato su politiche climalteranti a imprese e famiglie, raddoppiando la cifra dell'anno precedente con i decreti per l’emergenza bollette causata dalle speculazioni sul gas prima e dopo l’aggressione militare russa in Ucraina. Il settore energia si conferma quello più sussidi con 52,2 miliardi di euro, seguito dal settore trasporti con 20,5 miliardi di euro. Tra gli altri settori c’è anche quello edilizio che, tra detrazioni fiscali, IVA agevolate, deduzioni IRPEF e crediti d’imposta, conta 17 miliardi di euro di sussidi ambientalmente dannosi. Troppo timide, invece, le politiche di eliminazione e rimodulazione dei sussidi attivati fino ad ora. A fronte dell’eliminazione di appena 6 voci nel 2022, pari a 193 milioni di euro, sono 53 le voci in più introdotte solamente per far fronte all’emergenza energetica per una spesa totale di 51,2 miliardi di euro.
Dall’altra parte il Governo Meloni, in continuità con quelli precedenti, fa anche molto poco per agevolare la diffusione e lo sviluppo delle rinnovabili frenate da ritardi negli iter burocratici, mancate semplificazioni e no delle sovrintendenze. Ad oggi sono almeno 1.400 i progetti in valutazione al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE), tra valutazione impatto ambientale, progetti legati al PNRR e PNIEC, verifiche di ottemperanza. Tra questi, il più vecchio risulta essere il progetto di eolico off shore presentato nel Golfo di Manfredonia nel lontano 2008, e che da allora ha avviato ben tre modifiche di progetto riducendo il numero di torri dalle iniziali 100, poi 65 e poi ancora 50 e che oggi, dopo ben 15 anni dovrebbe essere, secondo quanto riportato sul portale del MASE, alla firma del Ministro. Un impianto che, nonostante la riduzione del numero delle torri, trova l’opposizione del Comune di Manfredonia che ha richiesto, nell’ultima versione presentata alla Capitaneria nel 2018 la sospensione del progetto in attesa di una pianificazione territoriale e regionale.
È quanto Legambiente ha denunciato presentando il nuovo report “Stop sussidi ambientalmente dannosi” in occasione della prima giornata del XVI edizione del Forum QualEnergia, che ha organizzato insieme a Kyoto Club e La Nuova Ecologia e in programma fino ad oggi nella Capitale. I numeri raccontano con chiarezza la rotta intrapresa dal Paese tra sussidi, settori più finanziati, e nuovi sussidi per far fronte all’emergenza energetica; a cui si aggiunge anche un possibile ritorno all’utilizzo del nucleare. Eppure, ben 18,86 miliardi di euro di sussidi si possono eliminare entro il 2025, ai quali vanno aggiunti 8 miliardi di euro di sussidi emergenziali, e che comprendono sussidi alle trivellazioni, agevolazioni per il diverso trattamento fiscale tra benzina gasolio, GPL e metano, il Capacity Market e il supporto per l’installazione di nuove caldaie a gas, per le quali solo nel 2022 sono stati spesi 3,2 miliardi di euro. Numeri che per l’associazione ambientalista darebbero al Paese ampio respiro per intervenire nello stesso settore energetico o in altri con misure strutturali che potrebbero scongiurare una crisi sociale, visto che secondo i numeri della Banca d’Italia, oltre il 60% delle famiglie che vive in questo Paese, già nel 2021, non arrivava a fine mese.
Il Report analizza l'impatto economico dei sussidi dannosi nei principali settori: energia, trasporti, edilizia, agricoltura e pesca, canoni, concessioni e rifiuti, ecc.
Tra i principali responsabili del cambiamento climatico, un impatto dato sia in termini di inquinamento atmosferico, in ambito urbano e a livello globale, sia di consumo di suolo è quello del settore edilizio. L'impatto riguarda l’intera filiera, dalla produzione dei materiali edili fino all’impatto diretto per il riscaldamento e i consumi elettrici degli immobili.
Per raggiungere gli attuali obiettivi climatici europei al 2030, infatti, il settore edilizio dovrebbe tagliare le proprie emissioni del 60% tra il 2015 e il 2030 attraverso investimenti sull’efficientamento energetico, sulla decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento e raffrescamento, e sull’installazione e l’utilizzo di energie rinnovabili. Analizzando tutte le voci di aiuto del settore edilizio, tra detrazioni fiscali, IVA agevolate, deduzioni IRPEF e crediti d’imposta lo Stato italiano mette a disposizione del settore ben 17 miliardi di euro di sussidi ambientalmente dannosi. Una cifra decisamente importante, e che se riformulata e rimodulata potrebbe continuare non solo a sostenere famiglie e imprese, ma dare anche un importante slancio verso la decarbonizzazione del settore, consentendo alle famiglie importanti risparmi in bolletta – vivere in Classe A, rispetto ad una Classe G vuol dire ridurre i consumi di almeno l’80%
Tra le proposte formulate per riformare il settore edilizio Legambiente propone di indirizzare i sussidi a edifici già realizzati e aree ambientalmente degradate come ex aree industriali o aree bonificate, aree socialmente degradate e solo se già urbanizzate Per le ristrutturazioni di edifici e abitazioni, così come per l’eventuale realizzazione di nuovo edificato, per usufruire dell’agevolazione dovrà essere necessario raggiungere specifici criteri ambientali e di efficienza energetica con particolare attenzione a: isolamento termico, decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento, energia prodotta da fonti rinnovabili, barriere architettoniche, messa in sicurezza sismica, ricariche elettriche, recupero acque piovane, utilizzo di materiali sostenibili. Per le nuove realizzazioni si dovrà mantenere il vincolo dell’acquisto “sociale” variando tuttavia il parametro di accesso al sussidio, da quello della prima casa al reddito, garantendo l’erogazione del sussidio per l’acquisto della casa solamente a chi ha un reddito medio-basso e/o rientra in categorie in una condizione di difficoltà socioeconomica. In termini di costi per lo Stato, l’aumento dato dalla riduzione dell’agevolazione IVA dal 10% al 4%, e le diverse agevolazioni dovranno essere compensate dal restringimento della platea di persone che possono accedere al sussidio facendo riferimento solamente a persone in una condizione di vulnerabilità. In questo modo, definendo dei criteri ad hoc sull’accessibilità allo strumento, si potrebbe mantenere la spesa invariata.
Il Report si conclude con sette proposte indirizzate al Governo Meloni:
1. Inserire nel Pniec un percorso concreto che porti entro il 2025 alla rimodulazione e cancellazione di tutti i sussidi ambientalmente dannosi entro il 2030
2. Riformare le accise e le tasse sui diversi combustibili fossili in modo che il costo finale medio annuale sia progressivamente proporzionale alle emissioni di gas serra (CO2 equivalente) generate nella loro combustione, secondo il principio “chi inquina paga”.
3. Aggiornare annualmente il catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi (SAD).
4. L’Italia deve fare la sua parte in tema di aiuto ai paesi poveri ed impegnarsi, per il periodo 2023-2025, così da garantire la “sua giusta quota” dell’impegno collettivo di 100 miliardi dei Paesi industrializzati. Risorse che possono essere reperite facilmente attraverso il taglio dei sussidi alle fonti fossili.
5. Mettere in sicurezza energetica il Paese con misure strutturali che vadano nella direzione di aiuto e supporto a famiglie, imprese e allo stesso sistema Paese puntando in primis sulle rinnovabili.
6. Avviare una riforma complessiva del sistema incentivante del settore edilizio. Prioritaria la rimozione immediata dei sussidi per l’installazione di nuove caldaie a gas, che oggi riguardano ecobonus, superbonus e bonus casa, e lo stop all’installazione di nuovi impianti al 2025.
7. Rivedere il tema degli onori di sistema in bolletta eliminando i sussidi diretti, spostando sussidi e voci improprie sulla fiscalità generale.
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Per la Redazione - Serena Moriondo