308 pagine, 7 capitoli e un'appendice: si presenta così, corposo, molto articolato e ricco di spunti e proposte, il nuovo Rapporto "I territori e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile" reso pubblico oggi da ASviS. Ad un primo sguardo si evidenzia che, nel periodo 2010-2022, l’Italia e i suoi territori non hanno fatto passi avanti significativi rispetto ai Goal dell’Agenda 2030 e i comportamenti tra le diverse ripartizioni (Nord-ovest, Nord-est, Centro e Mezzogiorno) sono abbastanza omogenei.
Giunto alla quarta edizione, il Rapporto dedicato ai territori rappresenta uno strumento importante per approfondire l’andamento del nostro Paese rispetto allo sviluppo sostenibile. Ci troviamo, infatti, oramai a metà strada del cammino dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite approvata nel 2015 e, con questo Rapporto, si analizza cosa è successo nei territori italiani negli otto anni che sono trascorsi dalla firma dell’Agenda 2030 e cosa deve succedere nei prossimi sette per conseguire i suoi 17 Obiettivi (Sustainable Development Goals -SDGs).
E, purtroppo, la situazione è tutt’altro che soddisfacente: infatti, l’Italia mostra avanzamenti generalmente contenuti tra il 2010 e il 2022 per otto Obiettivi, una stabilità per tre e addirittura un arretramento per i rimanenti sei. In coerenza con quanto contenuto nella Dichiarazione conclusiva dell’SDGs Summit, ASviS ha ritenuto opportuno concentrare il Rapporto Territori di quest’anno proprio sul Goal 11 dedicato a Città e comunità sostenibili. Mentre la Voluntary review dell’Unione europea del luglio scorso classifica il Goal 11 su città e comunità sostenibili tra quelli che negli ultimi cinque anni hanno registrato “progressi moderati”, il Rapporto annuale dell’ASviS descrive per l’Italia una situazione di sostanziale stabilità per questo Obiettivo.
Nello stesso giorno in cui il Governo italiano approvava la nuova Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile (SNSVS) con tre anni di ritardo, l’SDGs Summit delle Nazioni Unite ha concordato una Dichiarazione politica, successivamente approvata dall’Assemblea generale, con la quale si prende atto che il conseguimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile a livello globale è in pericolo e si ribadisce la necessità di attuare l’Agenda 2030 anche grazie alla sua “territorializzazione”, cioè all’impegno a calarla nelle decisioni assunte a livello locale.
In tale quadro, ciascuno Stato, e quindi anche l’Italia, si è impegnato a dotarsi di Piani nazionali di accelerazione per attuare l’Agenda 2030. Su questo punto ASviS, come descritto nel Rapporto annuale, anche in ragione dei risultati decisamente insoddisfacenti fin qui conseguiti dall’Italia rispetto agli SDGs, ha proposto di predisporre il Piano italiano entro marzo 2024, così da poter influenzare la predisposizione del prossimo documento di Economia e finanza.
Tra le proposte troviamo:
- la modifica delle politiche di coesione con l’obiettivo di ridurre drasticamente i divari del Mezzogiorno e raggiungere chiari traguardi al 2030;
- l’adeguamento in via straordinaria della Pianificazione di bacino (Pai), sovraordinata alla pianificazione urbanistica comunale e alle nuove mappe di pericolosità contenute nei Piani gestione rischio alluvioni (Pgra) delle Autorità di bacino distrettuali;
- l’elaborazione di una Agenda urbana nazionale per lo sviluppo sostenibile in modo da integrare tutti i finanziamenti (Pnrr, politiche ordinarie);
- l’attivazione del Comitato interministeriale per le politiche urbane (Cipu), ricostituito nel 2021, per rappresentare la dimensione urbana della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile;
- l’attuazione dell’aumento del Fondo per la montagna deciso dal governo;
- l’attuazione della Strategia europea, fatta propria dall’Italia con il Piano della transizione ecologica (Pte), in modo da conseguire i target al 2030 per decarbonizzare il settore dei trasporti;
- la costituzione di politiche territoriali che mettano al centro la qualità dei servizi ecosistemici;
- il contrasto all’inquinamento atmosferico grazie al contenimento delle emissioni di ammoniaca degli allevamenti zootecnici intensivi e dello spandimento dei fertilizzanti azotati in agricoltura; alla drastica riduzione del numero di veicoli altamente inquinanti, a partire da quelli con motori diesel alimentati a gasolio; alla diminuzione delle biomasse e del gasolio utilizzati per il riscaldamento civile;
- l’approvazione e il finanziamento del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc).
QUI potrete trovare una breve illustrazione del Rapporto a cura dell'Associazione Nuove Ri-Generazioni
Per la Redazione - Serena Moriondo