Dopo sei anni di attesa, Il PNACC (Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici) è stato approvato dal ministero dell'Ambiente e della Sicurezza energetica e fa seguito al primo intervento nazionale di pianificazione strategica in materia di adattamento ai cambiamenti climatici, rappresentato dalla SNAC del 2015. Esso intende contribuire all’attuazione dell’obiettivo indicato dalla Strategia Europea di adattamento del 2021 che mira a realizzare la trasformazione dell’Europa in un’Unione resiliente ai cambiamenti climatici entro il 2050.
Il documento di 106 pagine è suddiviso in sei capitoli e quattro allegati:
- IL quadro giuridico di riferimento
- Il quadro climatico nazionale
- Gli impatti dei cambiamenti climatici in Italia e vulnerabilità settoriali
- Misure e azioni del PNACC
- Finanziare l'adattamento ai cambiamenti climatici
- Governance dell'adattamento
Il Piano contiene una sintesi degli eventi meteo-climatici significativi in anni recenti e una valutazione delle proiezioni climatiche con una evidenziazione di vari scenari: dalla siccità con anomalie del 40% di piogge in meno a seconda delle aree, sino a previsioni che ci dicono come da qui al 2065 il livello dei mari italiani crescerà di quasi 19 centimetri. Già oggi inoltre i ghiacciai hanno perso il 30-40% del loro volume. Preoccupano poi l'aumento delle temperature dei mari: nelle proiezioni per il 2036-2065 si osservano per esempio +1,9 °C nel Tirreno oppure +2,3 gradi nell'Adriatico, temperature che modificano gli ecosistemi naturali e portano ad aumento della potenza degli eventi meteo estremi. In futuro, come già osservato in molte località questo inverno, anche la durata della copertura nevosa nei fondovalle e sui versanti meridionali calerà: fino a 2 mila metri si ridurrà di cinque settimane e di due tre settimane a 2.500 metri.
Tre gli scenari relativi alle emissioni climalteranti troviamo il primo scenario, il peggiore, che prevede elevate emissioni entro fine secolo (continuo consumo di combustibili fossili e alla mancanza di politiche di mitigazione). In questo caso le concentrazioni di CO2 saranno triplicate o addirittura quadruplicate (840-1120 ppm) rispetto ai livelli preindustriali (280 ppm). Se dovesse verificarsi, la temperatura globale nel 2100 sarà pari a +4-5° gradi rispetto ai livelli preindustriali. Il secondo scenario, intermedio, sostiene che con politiche e iniziative atte a diminuire le emissioni climalteranti entro il 2070 le concentrazioni di CO2 scenderebbero al di sotto dei livelli attuali (400 ppm). Infine, in un terzo scenario, con una ipotetica mitigazione molto forte, le emissioni sarebbero invece dimezzate entro il 2050.
Il PNACC pone le basi per una azione di breve e di lungo termine, articolata su due livelli di intervento: uno “sistemico”, l’altro di “indirizzo" e delinea una suddivisione, non ancora operativa, di 361 azioni.
Per quanto riguarda la tipologia, la maggior parte delle azioni sono di tipo non strutturale (soft): 274 pari al 76% del totale. La qual cosa è alquanto singolare dato che il nostro Paese ha un forte bisogno di politiche di adattamento visto il forte dissesto idrogeologico che interessa quasi tutti i Comuni italiani.
Seguono le azioni basate su un approccio ecosistemico (green) che ammontano a 46 pari al 13%. Infine, le azioni infrastrutturali e tecnologiche (grey), che sono 41 ovvero l’11% del totale. Le azioni soft sono distribuite omogeneamente su quasi tutti i settori, mentre la tipologia green prevale nel settore foreste. Le azioni di tipo infrastrutturale/grey sono più concentrate (in proporzione) nel settore energia, mentre nel settore zone costiere vi è un sostanziale equilibrio tra le tre tipologie di azioni.
Si tratta di misure di carattere nazionale o regionale che possano incidere su vari settori, dall'agricoltura all'energia, dal dissesto idrogeologico alle zone costiere, dalle risorse idriche sino ai trasporti.
Ora, perchè possa diventare operativo ha necessità che siano stanziate le risorse economiche necessarie, non previste neanche nell’ultima legge di bilancio, e venga attivato dell’Osservatorio nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici, con funzione di coordinamento tra i livelli di governo del territorio e dei vari settori. Come ha fatto notare Legambiente, mancano inoltre all'appello altri importanti atti di governo, come il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), con obiettivi più ambiziosi di produzione di energia rinnovabile e diriduzione di gas climalteranti al 2030 e la legge con le disposizioni per il contrasto al consumo di suolo e per promuovere il riuso e la rigenerazione urbana. Ricordiamo che solo per i danni delle due alluvioni che nel 2023 hanno colpito Romagna e Toscana, l’talia ha speso 11 miliardi di euro, ossia oltre un terzo della legge di bilancio 2024 appena approvata dal Parlamento. Risorse economiche che con campagne di prevenzione e azioni di adattamento e mitigazione fatte per tempo, potevano essere in parte risparmiate.
Per questo, nei prossimi anni, sarà importante anche intensificare le politiche territoriali di prevenzione, come l'Associazione Nuove Ri-Generazioni sostiene da tempo, a livello locale e nazionale.
Per la Redazione - Serena Moriondo