I primi servizi pubblici, di cui alcuni di noi hanno ancora memoria, sono stati i vespasiani. Fino agli inizi degli anni ’80, nelle città italiane, ne potevi ancora trovare diversi: costruiti in genere in lamiera metallica o in cemento di forma ovale o rettangolare, a modo di box aperto nelle parti sottostanti, tant'è che lo potevano utilizzare solo gli uomini, erano coperti con pannelli per consentire una minima riservatezza. All’interno la persona si trovava di fronte l’orinatoio di marmo o di metallo smaltato bianco ingiallito dal tempo dove scorreva l’acqua.
Oggi quel servizio lo svolgono per lo più i box di servizi igienici pubblici stradali che nel corso degli anni sono stati inseriti nel tessuto urbano. Nel corso degli anni, infatti, le diverse amministrazioni locali hanno iniziato a installare nuovi servizi igienici coperti, di diverse forme e dimensioni, a pagamento, nei pressi di luoghi di aggregazione come nelle piazze, nelle vicinanze dei mercati, nei parchi. Dove non è stato possibile installare una postazione fissa con l’allacciamento alla rete idrica sono stati posizionati box di servizi igienici mobili, come quelli vicino ai cantieri di lavoro. Nella maggioranza dei casi - salvo qualche lodevole eccezione come il progetto “P.Stop”, un'iniziativa che nel 2019 ha previsto la riqualificazione totale e complessiva dei servizi igienici della Capitale - oltre ad essere piuttosto antiestetiche e per nulla funzionali, queste installazioni sono inutilizzabili, rovinate, vandalizzate per mancanza di senso civico da parte della stessa utenza, tanto da causarne l’abbandono o la chiusura.
Sarebbe giusto e civile non dover affidarci alla disponibilità del barista di turno nella speranza che, in quanto gestore di un luogo rientrante nella categoria dei locali pubblici, obbligato a dotarsi di un bagno a norma per i clienti, ci permetta di farci utilizzare il bagno, e poter invece disporre di bagni pubblici belli, confortevoli e modernamente attrezzati come quelli di Tokyo, magistralmente raccontati nel film "Perfect Days" da Wim Wenders, ma saremmo disposti ad accontententarci anche di soluzioni più modeste ma fruibili per tutti i cittadini, donne e bambini compresi. C'è chi ha giustamente suggerito che basterebbe che i bagni pubblici avessero un lettore di badge, come quello dei dispensatori di acqua orami diffusi nei quartieri delle città, da poter utilizzare con le nuove carte d’identità elettroniche. Per il resto servirebbe più rispetto per un bene comune di cui tutti potremmo aver bisogno.
Su questo argomento vi segnaliamo l'articolo di particolare interesse dal titolo "I bagni pubblici di Tokyo, così speciali da farci un film" pubblicato il 7.01.2024 da Il POST.
Link: I_bagni_pubblici_di_Tokyo_così_speciali_da_farci_un_film.pdf
Per la Redazione - Serena Moriondo