Vi segnaliamo un interessante Rapporto scientifico dal titolo “Welfare Energetico Locale: un anno di sperimentazione per nuove politiche pubbliche” realizzato - dopo 14 mesi di lavoro in cinque territori italiani, grazie alla collaborazione con 5 associazioni locali - del Forum Disuguaglianze e Diversità e la Fondazione Basso. In quattro capitoli lo studio llustra i risultati, le riflessioni e le problematiche emerse dal progetto WEL – Welfare Energetico Locale, nato con l’obiettivo di valutare le cause della povertà energetica e promuovere politiche di welfare che tengano conto del legame tra giustizia sociale e giustizia ambientale.
Al centro del percorso la povertà energetica, intesa come questione a partire dalla quale lavorare attorno a una delle “15 proposte per la giustizia sociale” lanciate dal ForumDD nel 2019: “Giustizia sociale e ambientale si conquistano assieme”. L’idea è quella di integrare le politiche sociali e le politiche ambientali così da contrastare gli effetti sociali delle attuali politiche energetiche.
La povertà energetica è una delle tematiche che consente di vedere nella pratica questione ambientale e questione sociale insieme, soprattutto nella cornice della transizione energetica, dove il diritto all’accesso alle fonti energetiche va guardato insieme al diritto all’effi cienza, al risparmio e al consumo di energia prodotta da fonti rinnovabili. Oltre a questo, va preso in considerazione anche il diritto a consumare beni essenziali non mercifi cati, uno degli elementi fondanti del welfare pubblico. Nel caso dell’energia si tratta di aprire degli spazi di agire economico diverso, dove al centro non vi sia più e soltanto il bene energia, scambiato come merce, ma vi siano condivisione di un bene comune e relazioni di solidarietà. In questo senso, le comunità energetiche rientrano nella dimensione del welfare, in quanto forme di scambio delle quali anche i poveri di energia possono essere partecipi, affrancandosi dal mercato tout court.
Il progetto è stato finanziato da European Climate Foundation ed è durato quattordici mesi, da settembre 2022 a ottobre 2023. Le tre fasi di lavoro (analisi e studio, approfondimento e sperimentazione di processi, sintesi dei risultati e proposte) sono state accompagnate da attività di formazione e auto-formazione dei partecipanti che hanno dato valore aggiunto al percorso. WEL ha indagato il fenomeno in alcune città del centro-nord Italia grazie alla collaborazione con altrettante associazioni locali collegate a liste civiche: Ecolò a Sesto Fiorentino e a Firenze, Adesso Trieste a Trieste, AmbientalMente a Lecco, Progetto Concittadino a Varese, Coalizione Civica per Bologna a Bologna. Il metodo seguito è stato quello della ricerca-azione che ha stimolato, in ogni territorio, indagini originali per monitorare e provare a comprendere il fenomeno nello specifico contesto, sia da un punto quantitativo sia qualitativo.
Che cosa è stato fatto, in sintesi., in ogni città:
- si è cercato di comprendere se, come e quanto le politiche sociali e le politiche ambientali dialogassero e fossero intrecciate analizzando i Piani d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima (PAESC) e i Piani urbani per la mobilità sostenibile (PUMS) in ogni città, per capire se i soggetti vulnerabili sono al centro delle politiche, se vi è un ragionamento sulle disuguaglianze ambientali, se la povertà energetica è oggetto di politiche pubbliche locali. In linea generale la risposta è stata negativa: quando la povertà energetica viene citata nei documenti di programmazione, si pensa di aff rontarla soltanto facendo attività di informazione e comunicazione. I documenti di programmazione ambientale non integrano alcuna visione sociale, non guardano alle diversità tra ceti sociali e luoghi di vita delle persone, ma adottano uno sguardo “people and spatial blind”. Allo stesso modo, le politiche sociali, anche quelle abitative, faticano a integrare la sguardo ambientale, come leva a partire dalla quale combattere le disuguaglianze e migliorare la qualità della vita delle persone.
- è stato possibile far incontrare associazioni ambientaliste e associazioni che si occupano di povertà, per provare a farle interagire attorno a visioni e azioni comuni, la qual cosa si è dimostrata molto complicata. C’è una rivoluzione culturale da promuovere nelle une e nelle altre, perché ognuna si muove nel proprio ambito settoriale ed è animata da pratiche di azione e riferimenti culturali diversi che si sono sedimentati nel tempo. Su questo fronte il lavoro è lungo e probabilmente deve partire dalle pratiche piuttosto che dalle culture, da progetti concreti dove si fanno delle azioni insieme e si hanno obiettivi comuni. In questa prospettiva la progettazione di una comunità energetica solidale, che metta al centro comunità e solidarietà, può essere non tanto una risposta eff ettiva alla povertà energetica, ma un campo di prova dove praticare ibridazioni culturali.
- si è cercato di misurare quanta povertà energetica è presente in ogni città e a capire dove si addensa di più inventandosi metodi e improvvisando strumenti, perché in alcuni casi i promotori si sono scontrati con la mancanza di dati e l’assenza di interlocutori che rendessero i dati aperti e consultabili. In particolare, è stato difficile rapportarsi con le utilities, anche quelle che hanno ancora una compagine azionaria in tutto o in parte pubblica. Le utilities possono essere interlocutori importanti, perché monitorano i consumi, i ritardi nei pagamenti e le morosità strutturali e sono in grado di aggregarli a livello territoriale.
- si è infine individuato in ogni città delle aree subcomunali, dei rioni, dove la povertà energetica si addensa di più indagandone gli aspetti qualitativi, per capire come si possano attivare luogo per luogo, dal basso, nella interlocuzione tra cittadinanza attiva e istituzioni, delle politiche e delle azioni che affrontino la questione in modo integrato e dentro il percorso della transizione ecologica.
Lo Studio entra nel dettaglio rispetto a cosa è stato fatto luogo per luogo. In ogni città, i gruppi di lavoro hanno avuto condizioni di agibilità diverse. Queste sono state determinate dal contesto di politiche pubbliche presente in ogni realtà, ma soprattutto dal peso politico che ogni forza ha nel proprio territorio e rispetto a chi governa e dalla disponibilità culturale e sensibilità sociale delle altre organizzazioni locali con cui si è entrati in relazione.
Tre brevi anticipazioni emerse durante il lavoro:
a) per affrontare un tema come la povertà energetica, bisogna iniziare una battaglia per i dati: l’esistenza o meno di un modo istituzionale e condiviso per misurarla è il metro di quanto la questione sia di interesse per la politica. Se non conosciamo le dimensioni quantitative, localizzative e qualitative del fenomeno non possiamo mettere in campo politiche che vadano oltre ad azioni simboliche e temporanee che non sono in grado di incidere strutturalmente sul problema. Esistono tanti microprogetti, alcuni finanziati grazie a iniziative europee, che fanno sperimentazioni per il tempo concesso dal finanziamento ottenuto e che lasciano poco o nulla, perché stentano a entrare nel modo ordinario con il quale le istituzioni affrontano il problema.
b) bisogna rafforzare il presidio nazionale con politiche più incisive e allo stesso tempo costruire i presidi locali che lavorino alla multidimensionalità del fenomeno nei luoghi di vita delle persone. Vista da lontano, la povertà energetica è una questione di reddito, che si può affrontare migliorando le modalità di erogazione del bonus energia, lavorando sui problemi di accesso da parte di chi ne ha bisogno, intervenendo sulla regolazione del mercato elettrico. Vista da vicino, nel suo manifestarsi luogo per luogo, emergono tante interdipendenze tra aspetti diversi, che insieme concorrono a determinare la condizione di povertà energetica: oltre al reddito, sono rilevanti le condizioni energetiche delle abitazioni, le pratiche di consumo degli abitanti, la consapevolezza rispetto alle opportunità di ridurre i consumi e di pagare meno l’energia, la cura delle relazioni di prossimità, che può costituire un’ulteriore risorsa per accompagnare il cambiamento necessario, il presidio delle istituzioni locali attraverso politiche place-based. Nel corso del progetto queste dimensioni sono state concettualizzate come cinque forme di capitale, che concorrono a determinare la povertà energetica, ma che sono rilevanti anche per costruire risposte di policy: reddito e ricchezza privata (capitale economico), soluzioni tecnologiche (capitale tecnologico), ricchezza comune (capitale sociale e territoriale), reti associative (capitale civico), rapporto con le azioni delle istituzioni (capitale istituzionale).
c) Esiste anche una questione di voice. Chi è nella condizione della povertà energetica difficilmente si mobilita per rivendicare condizioni migliori e le associazioni di cittadinanza che rappresentano i consumatori hanno perso questa capacità aggregativa, oltre ad avere rinunciato, in gran parte dei casi, a ogni metodo confl ittuale. Eppure, dietro la povertà energetica ci sono questioni di ingiustizia e ci sono dei diritti negati: il diritto all’abitare di qualità, quello ad accedere ai servizi che richiedono consumo di energia, di vivere in condizioni di salubrità in relazione alla temperatura dell’abitazione, il diritto a consumare energia “pulita e giusta”, di essere in possesso di dotazioni tecnologiche che consentano efficienza nei consumi e risparmio e il diritto a sperimentare la fruizione di beni non mercificati, la cui fornitura passa per relazioni di solidarietà e non di mercato. Questa voice è tutta da costruire, in tanti percorsi di abilitazione e di attivazione delle persone nei loro luoghi di vita. Ma è una delle strade da percorrere, perché i diritti diventano davvero tali se sono esito di una conquista, piuttosto che di una concessione.
WEL si è concluso con una conferenza nazionale con la presenza, oltre al Forum Disuguaglianze e Diversità, dell’Università di Trieste e l’Università di Roa Tre; Legambiente; Kyoto Club; Associazione Nuove Ri-Generazioni; Caritas Italiana; CNCA; Cooperativa ènostra.