di Giovanni Carapella, Presidente Comitato Scientifico dell'Associazione Nuove Ri-Generazioni
L’indagine della magistratura farà il suo corso e ne va rispettata l’autonomia. Pur tuttavia [su quanto è successo all'Esselunga di Firenze n.d.r. ] è utile trarre alcune “lezioni” elementari.
La rincorsa del massimo profitto può generare mostri: scarsa regolarità nel lavoro, utilizzo sfrenato del subappalto a cascata, ritmi di lavoro non pensati in funzione della sicurezza delle lavorazioni, utilizzo di lavoratori in grigio o sottoinquadrati etc.
Errore di progettazione, errore nella prefabbricazione di uno degli elementi, errore nella fase di assemblaggio delle strutture? Di sicuro la sovrapposizione di fasi di processo costruttivo, con “impresucce” volanti usate come squadre temporanee, senza la valutazione corretta dei rischi da interferenze tra differenti fasi lavorative è uno dei nodi.
L’utilizzo di tante imprese, anche micro, per singole fasi lavorative necessita di un coordinamento forte e efficace nella gestione della sicurezza. Se poi queste squadre, dotate di partita iva aziendale e presenti nella filiera del subappalto a cascata, sono composte anche da lavoratori occasionali, inquadrati con contratti non edili e che quindi non prevedano l’obbligo della formazione di base delle 16 ore sui rischi da cantiere, la situazione è di per se più a rischio. La regolarità sul lavoro non garantisce di per se la sicurezza sul lavoro ma ne è ancella: sui cantieri, soprattutto una grande opera come quella di Firenze, serve la piena regolarità e la verifica della congruità della manodopera impiegata in ciascuna fase realizzativa dell’opera. Negli ultimi anni, proprio a partire dalla introduzione della verifica della congruità della manodopera sui cantieri della ricostruzione post sisma 2016, e dalla sperimentazione avviata con la tranvia di Firenze e con l’Expo di Milano 2015 è stato introdotto in molti contesti, ma non adottato in maniera generalizzata, il badge di cantiere come strumento per registrare, sul singolo cantiere, le presenze dei lavoratori in tempo reale, accertarne identità e regolarità e anche formazione assolta. Che nel 2024 non si sappia l’identità e la qualificazione del personale presente in cantiere è inammissibile.
Il cantiere poi, è bene ricordarlo, soprattutto al centro nord è un contesto multiculturale e multilingue: in molte realtà il 50 per cento dei lavoratori regolari iscritti in Cassa edile è composto da stranieri. Spesso sotto inquadrati e precari. La formazione degli operai che provengono da paesi diversi deve prevedere non solo una alfabetizzazione professionale di base che insegni come “lavorare bene sia lavorare in sicurezza”, ma anche una alfabetizzazione linguistica tecnica che consenta la comunicazione in cantiere in italiano lingua comune. Comunicare in modo comprensibile, gestire in maniera efficace la catena del comando in cantiere può salvare vite umane.
Allora siamo tutti d’accordo che il tema della sicurezza va rimesso al centro, ma il sacrificio di Firenze come quello di Torino di qualche tempo fa, deve spingere certamente a maggiori controlli ma anche a un’etica del lavoro diversa da parte delle imprese capofila o General contractor e delle stesse committenze e stazioni appaltanti.
* Foto di Shivendu Shukla su Unsplash