Sviluppato con Oxford economics, lo studio dall'ASviS con scenari al 2030 e al 2050 ribadisce la necessità di non ritardare o rallentare oltremodo di affrontare la transizione energetica "perchè questo avrebbe enormi costi economici e sociali." Al contrario, "accelerare la transizione" che di per sè comporterà profondi cambiamenti strutturali nell’economia, "potrà generare una nuova ondata di innovazione, aumentando l’efficienza dei sistemi produttivi e producendo risultati migliori per le persone e per il Pianeta."
Lo studio analizza i progressi e le incertezze del quadro legislativo e degli investimenti sullo sviluppo sostenibile e contiene una riflessione sulla relazione tra transizione energetica e variabili macroeconomiche, evidenziando quali sono le scelte da compiere oggi nel campo delle politiche industriali e degli investimenti, in modo da assicurare un futuro di prosperità per l’Italia ed evitare non solo gli scenari catastrofici, ma anche il peggioramento delle condizioni socio-economiche del nostro Paese.
Il Rapporto, di 134 pagine, evidenzia come sia indispensabile generare una nuova ondata di innovazione, così da aumentare l’efficienza dei sistemi produttivi, redistribuendo risorse a favore dei più deboli, e producendo risultati migliori per le persone e per il Pianeta.
Ad esempio, gli scenari analizzati dimostrano come l’introduzione di misure come la tassa sul carbonio può comportare significativi costi economici a breve termine, distribuiti in modo disomogeneo. Senza innovazione, quest’ultimi e gli investimenti necessari per facilitare la transizione generano significative pressioni inflazionistiche che erodono i redditi disponibili reali riducendo la crescita, almeno nel breve periodo. Questo può rendere gli scenari di mitigazione sostanzialmente una soluzione a “somma zero”, in cui in primo luogo i cittadini finirebbero per finanziare l’incremento degli investimenti.
Al contrario, una forte innovazione a tutto campo, compresa quella riguardante il funzionamento dei mercati, e politiche strutturali ben progettate sul lato dell’offerta come quelle ipotizzate nello scenario Net Zero Transfomation possono non solo attenuare gli effetti depressivi, ma soprattutto far sì che la transizione energetica si trasformi in un aumento del benessere collettivo. Net Zero Trasformation, lo ricordiamo, è il traguardo chiave a livello mondiale per mantenere l'aumento medio della temperatura globale sotto i 2°C, puntando a limitarlo a 1,5°C (Accordo di Parigi 2015).
Se - invece, spiega il Rapporto - si aspetta ad intervenire, come nello scenario Transizione tardiva, per raggiungere comunque la neutralità carbonica nel 2050 sarebbe necessario, dopo il 2030, introdurre una più aggressiva carbon tax, che stimolerebbe più forti tensioni inflazionistiche. D’altra parte, la più limitata capacità di produzione di energia rinnovabile e un tasso più elevato di ammortamento del capitale (dovuto al mancato sfruttamento del ciclo naturale degli investimenti) provocherebbero danni economici significativi nel breve termine e più ingenti rispetto allo scenario Net Zero in cui la transizione comincia subito. Tuttavia, non va sottovalutato il fatto che sia nel Net Zero che nella Transizione tardiva, il rallentamento del global warming offrirebbe un certo sollievo in termini di riduzione dei danni da eventi climatici estremi soprattutto nella seconda metà del secolo. Estrapolando gli scenari al 2100 appare evidente che l’impatto economico dei cambiamenti climatici diventerebbe devastante nella seconda metà del secolo a causa dell’aumento della temperatura media che si avvicinerebbe ai 5°C, portando all’annientamento economico, perdita di vite umane e al crollo della società così come la conosciamo.
Le considerazioni contenute nel Rapporto valgono sia in generale per il mondo sia per l’Italia, maggiormente esposta a più intensi disastri naturali e a temperature medie più elevate, che portano a maggiori riduzioni del PIL e di posti di lavoro. Per il nostro Paese, caratterizzato da un elevato debito pubblico, una transizione energetica accelerata e impiegata come occasione di innovazione, potrebbe al contrario determinare effetti positivi anche sulla sostenibilità finanziaria a medio-lungo termine, esattamente nella direzione verso cui spinge anche la filosofia delle nuove regole fiscali europee, che privilegiano investimenti e riforme orientate a realizzare il Green Deal.
Il cambio di rotta molto significativo e positivo per lo sviluppo sostenibile avvenuto in questi anni in Europa è stato il frutto del lavoro delle forze progressiste che hanno imposto alla Commissione il riferimento dell’Agenda 2030 per tutte le sue politiche, sia interne che internazionali. Purtroppo, nell’ultima fase della legislatura, sono emersi segnali di stallo e addirittura di arretramento.
Il PPE propone un testo dal titolo “Una casa sicura e buona per la gente”, che mette l’accento sulla sicurezza (difesa, industria degli armamenti, lotta all’immigrazione e al terrorismo) e sulla competitività.
Il PSE, il cui Manifesto si chiama “L’Europa che vogliamo, sociale, democratica, sostenibile”, considera politiche sociali, economiche e ambientali interconnesse e chiede una trasformazione del sistema economico che metta maggiormente l’accento sulla giustizia sociale.
Il Manifesto di ALDE, dal titolo “La tua Europa, la tua libertà”, è un classico testo di ispirazione liberale: molto progressista sui diritti civili, la difesa della democrazia e lo Stato di diritto, più pro-mercato in materia socio- economica, e molto esplicito su difesa e industria degli armamenti.
Il testo dei Verdi, il cui titolo è “Il coraggio di cambiare”, è anch’esso molto “sociale” e molto chiaro nell’interconnessione fra le varie politiche.
Per la Sinistra, con il Manifesto “Principi e proposte del Partito della Sinistra europeo!”, le priorità sono l’antifascismo e la lotta al capitalismo ordo-liberale, la difesa dei servizi pubblici e la loro proprietà pubblica, l’ecologia integrale, la Pace e il disarmo.
Tra gli aspetti più preoccupanti, a differenza del 2019, quando in alcuni Manifesti progressisti l’Agenda 2030 era centrale, è il fatto che oggi - solo PSE e Verdi menzionano gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, limitandosi peraltro a citarli per quanto riguarda la parte della politica estera degli impegni internazionali.
Legenda = PPE (il gruppo del Partito Popolare Europeo (Democratici Cristiani), è il gruppo parlamentare europeo di centro-destra ed europeista); PSE (il partito del Socialismo Europeo, meglio noto come Partito Socialista Europeo, è un partito politico europeo di orientamento socialdemocratico e laburista); ALDE20 (il partito dell'Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l'Europa, riunisce partiti con collocazioni politiche diverse fra loro, centro, centro-destra, centro-sinistra); GREENS (il gruppo parlamentare dei Verdi/Alleanza Libera Europea, è la quarta forza politica del Parlamento europeo e il solo gruppo con due Co-presidenti, un uomo e una donna, per favorire l’uguaglianza di genere); LEFT (la Sinistra Unitaria Europea): ID (Il Partito Identità e Democrazia è un partito politico europeo di destra ed estrema destra costituito da partiti nazionalisti); ECR (il Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei che si prefigge di preservare l’identità nazionale).
Link: Il Rapporto ASviS: Scenari per l'Italia al 2030 e al 2050
Per la Redazione - Serena Moriondo