di Rossella Muroni, articolo pubblicato il 17 giugno 2024 da Greenreport.it
Era il 2015 quando in uno studio della Commissione Europea si definiva per la prima volta le soluzioni basate sulla natura o Nature based solutions (Nbs).
Si stratta di uno "strumento utile a perseguire obiettivi quali l’incremento della sostenibilità dei sistemi urbani, il recupero degli ecosistemi degradati, l’attuazione di interventi adattivi e di mitigazione rispetto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della gestione del rischio e l'implementazione della resilienza.
Per l’Iucn (Unione mondiale per la conservazione della natura) le Nature based solutions sono anche azioni per proteggere, gestire o ristrutturare gli ecosistemi in un modo sostenibile, che forniscono vantaggi per il benessere umano e per la biodiversità".
Per gestire gli effetti della crisi climatica bisognerebbe dunque guardare alla natura e provare a imparare tecniche e soluzioni che ci consentano di rendere i nostri territori, e soprattutto le nostre città, maggiormente resilienti ai fenomeni estremi dei mutamenti climatici.
Si tratta di aumentare la naturalità dei territori e le connessioni ecologiche locali, di migliorare la qualità della vita di chi fruisce dei territori stessi, di contribuire a contrastare il riscaldamento climatico.
Di fronte alle ondate di caldo che sempre più caratterizzano le nostre città e ai fenomeni alluvionali, è necessario ripensare profondamente l’equilibrio tra spazio costruito e spazio libero. Non si tratta più solo di fermare il consumo di suolo ma di iniziare a restituire alla luce e all’aria km e km di suolo ricoperti di cemento o asfalto.
Si tratta di aprire migliaia di cantieri non per costruire in verticale ma per decostruire in orizzontale, avviando contemporaneamente progetti di forestazione urbana.
In fondo osservando la natura si può imparare molto e ad esempio riconoscere che gli alberi, se ben scelti per le loro caratteristiche e correttamente gestiti, sono il modo più efficace per garantire l’ombreggiatura e abbassare le temperature. Allo stesso modo, un suolo libero è un suolo che svolge uno delle sue funzioni ecosistemiche più preziose ovvero quella di assorbire e drenare l’acqua.
Riconoscere però significherebbe anche dare valore, e qui si apre un capitolo complesso perché i servizi ecosistemici garantiti dal capitale naturale non hanno mai ricevuto una valorizzazione economica paragonabile ai servizi o ai prodotti del mercato.
Eppure la riduzione degli impatti dei mutamenti climatici, il miglioramento della qualità dell’aria con conseguente diminuzione di malattie e costi sanitari, il generale aumento del benessere delle popolazioni, dovrebbero entrare di gran diritto tra le voci da valutare nel giudicare un dato sistema economico e sociale.
Gli ecosistemi naturali producono una vasta gamma di servizi da cui dipende il nostro benessere, dallo stoccaggio del carbonio al controllo delle inondazioni, dalla stabilizzazione di coste e pendii alla fornitura di aria e acqua pulita, cibo, energia, medicine e risorse genetiche. Non si tratta dunque solo di riforestare, ma di tornare a riconoscere quanto la natura offre in termini non solo di risorse ma anche di soluzioni.
«Riportare in salute la natura è fondamentale per il nostro benessere fisico e mentale ed è una mossa tattica nella lotta contro i cambiamenti climatici e le epidemie. È al centro della nostra strategia di crescita, il Green deal europeo, e fa parte di una ripresa europea che restituisce al pianeta più di quanto gli tolga», ha affermato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, commentando la Strategia Ue per la biodiversità al 2030.
La Nature restoration law, bloccata al fotofinish per motivi elettorali nelle ultime settimane, è stata invece approvata con un ultimo colpo d’ala grazie al voto della ministra austriaca Gewessler. Una decisione a sorpresa contro cui il cancelliere austriaco Nehmanner ha già annunciato ritorsioni. Un braccio di ferro tra chi vorrebbe archiviare il Green new deal e chi invece lo considera una delle occasioni più importanti per dotare l’Europa di una strategia comune sul fronte della crisi climatica.
Ripristinare almeno il 20% del territorio terrestre e marino dell’Unione europea e gli ecosistemi in sofferenza o andati persi; impedirne l’ulteriore deterioramento; rinaturalizzare i corsi fluviali abbattendo le barriere artificiali dove creano più danni che benefici; reinserire elementi naturali negli agroecosistemi, per un’agricoltura più sana e ricca di biodiversità, in special modo di insetti impollinatori e uccelli; promuovere una maggiore strutturazione delle foreste per migliorarne la qualità; favorire un’opera di greening delle città, spesso troppo grigie e povere di natura.
Guardare alla natura quindi per trovare soluzioni che ci consentano di affrontare la crisi climatica, garantendo sicurezza e benessere innanzitutto alle persone.