Uno studio dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro che esamina le disparità di occupazione e salario tra persone con e senza disabilità pubblicato il 27 agosto, conferma come le persone con disabilità abbiano meno probabilità di partecipare al mercato del lavoro e che quando lo fanno, affrontano tassi di disoccupazione più elevati, hanno maggiori probabilità di essere lavoratrici e lavoratori autonomi e tendono a guadagnare salari più bassi (Ananian, S., Dellaferrera, G. 2024. A study on the employment and wage outcomes of people with disabilities, ILO Working Paper 124 (Geneva, ILO). https://doi.org/10.54394/YRCN8597)
Queste disparità - chiarisce il Rapporto - non sembrano essere spiegate esclusivamente da caratteristiche individuali come il livello di istruzione, l'esperienza o la categoria professionale piuttosto da vari altri fattori, tra cui la fornitura limitata di alloggi da parte aziendale, la potenziale maggiore flessibilità del lavoro offerta dal lavoro autonomo e, soprattutto, le numerose forme di discriminazione contro le persone con disabilità.
Nella sua sezione finale, lo studio mette in evidenza le legislazioni esistenti a livello internazionale e nazionale per promuovere le pari opportunità e una remunerazione equa per le persone con disabilità.
Il gran numero di famiglie coinvolte nel progetto di studio ha permesso di evidenziare divari significativi tra i risultati del mercato del lavoro delle persone con e senza disabilità in Paesi con diversi livelli di sviluppo. Nel complesso, le persone con disabilità tendono a partecipare al mercato del lavoro in misura minore e quando lo fanno, hanno maggiori probabilità di essere disoccupate. Anche le loro condizioni di lavoro differiscono, essendo caratterizzate, ad esempio, da una maggiore prevalenza di lavoro autonomo e salari più bassi. Alcuni gruppi, come le donne, subiscono ulteriori discriminazioni, come attestato dal sostanziale divario retributivo di genere tra le persone con disabilità.
È importante notare che i modelli econometrici valutati suggeriscono che queste disparità occupazionali e salariali possono essere spiegate solo in parte dalle caratteristiche socio-demografiche degli individui, comprese quelle relative al capitale umano. Ad esempio, i dipendenti con disabilità sono pagati in media il 12% in meno all'ora rispetto agli altri dipendenti e tre quarti di tale divario non è spiegato da differenze in termini di livello di istruzione, età e categoria professionale.
Nei Paesi a basso e medio-basso reddito, questo divario è particolarmente ampio: in questo caso le persone con disabilità arrivano a guadagnare il 26% in meno rispetto agli altri dipendenti e quasi la metà di questa discrepanza non può essere spiegata dalle differenze socio-demografiche osservate tra i due gruppi di popolazione.
In dettaglio: nella figura a pagina 26 del Rapporto del'ILO, raffigurante la differenza retributiva media tra dipendenti con e senza disabilità, suddivisa per Paese (2022 o ultimo anno disponibile) emerge che, in media, nei 30 Paesi rappresentati, i dipendenti con disabilità guadagnano il 12% in meno all'ora rispetto agli altri, tre quarti di questo divario non è spiegato da differenze in termini di livello di istruzione, età e occupazione. Il divario retributivo medio per disabilità sembra essere più alto nei Paesi a basso e medio reddito del campione esaminato, dove raggiunge il 26%, con 11 punti percentuali non spiegati dalle differenze socio-demografiche osservate tra dipendenti con e senza disabilità. Nei Paesi cosidetti sviluppati il divario retributivo medio per disabilità è del 9%.
Nella figura a lato è rappresentato, in percentuale, il divario retributivo di genere tra dipendenti con e senza disabilità (2022 o ultimo anno disponibile). Tra le persone con disabilità, alcuni sottogruppi possono sperimentare svantaggi ancora maggiori in termini di retribuzione. Ciò sembra essere particolarmente vero per le donne, che sono in media pagate meno degli uomini in un campione di 14 paesi per i quali è stato possibile disaggregare le retribuzioni medie delle persone con disabilità in base al sesso sulla base dei dati del sondaggio. Infatti, il divario retributivo di genere medio per i lavoratori con disabilità nei Paesi sviluppati e in via di sviluppo selezionati è rispettivamente del 6 e del 5% a favore degli uomini. Il divario retributivo di genere medio è, tuttavia, inferiore a quello osservato tra i lavoratori senza disabilità in entrambi i gruppi di Paesi (rispettivamente del 13 e del 9% a favore degli uomini).
Nonostante gli standard internazionali del lavoro esistenti che offrono un quadro per salvaguardare e promuovere l'occupazione e la giusta retribuzione delle persone con disabilità, le differenze nei risultati del mercato del lavoro tra persone con e senza disabilità sembrano essere causate soprattutto da una cultura ancora fortemente discriminante.
Diventa quindi indispensabile che, oltre a imporre o raccomandare l'adozione di strumenti legali per combattere la discriminazione nell'occupazione e nell'occupazione, gli standard internazionali del lavoro che trattano della riabilitazione professionale forniscano importanti linee guida per garantire che le persone con disabilità siano in grado di godere di pari opportunità e trattamento. Insieme al principio di parità di retribuzione per lavoro di pari valore, le Convenzioni e le Raccomandazioni dell'OIL sui salari sono fondamentali per promuovere una giusta remunerazione per le lavoratrici e i lavoratori con disabilità.
Questi strumenti sono fondamentali per progettare programmi nazionali che seguano un approccio inclusivo e basato sui diritti umani che favorisca il raggiungimento degli obiettivi del Goal 8 dell'Agenda ONU 2030 "Lavoro dignitoso e crescita economica" senza lasciare indietro nessuno. In Italia, lo ricordiamo, - secondo gli ultimi dati pubblicati dall'Istat - su circa tre milioni di persone con disabilità solo il 32,5% (nella fascia d'età 15-64 anni) risulta occupata, contro il 58,9% della media nazionale. Alta anche la percentuale (20%) delle persone in cerca di occupazione, sensibilmente superiore a quella della popolazione senza limitazioni che si ferma all'11,3%.
Ciò nonostante, nel nostro Paese, le normative esistenti stabiliscano il numero delle lavoratrici e dei lavoratori con disabilità che l’impresa è tenuta ad assumere in base alle dimensioni aziendali: 1 per aziende con 15 dipendenti; 2 per aziende con più di 35 dipendenti e il 7% per aziende con più di 50 dipendenti. In caso di inadempienza, la sanzione amministrativa è pari a 153,20 euro per ogni giorno lavorativo di ritardo per l’assunzione. Le aziende che assumono "le categorie protette" beneficiano di agevolazioni e incentivi fiscali. Le agevolazioni vengono concesse alle aziende che ne fanno richiesta e variano in relazione al grado di invalidità riconosciuto al dipendente.
Incentivi e agevolazioni alle imprese hanno dimostrato una capacità limitata nel garantire il diritto al lavoro e a un lavoro dignitoso in quanto sono molte le aziende che non rispettano gli obblighi di assunzione. Ad attestarlo l'XI Relazione annuale al Parlamento sullo stato di attuazione della legge del 1999 per il diritto al lavoro dei disabili (Anni 2020-2021) del 12 gennaio u.s. che descrive, nell'ultimo capitolo, lo stato di applicazione della Legge 68/99 nelle regioni e nelle province autonome. Una criticità è ancora rappresentata dal numero esiguo di regioni che dichiarano di svolgere attività di valutazione degli interventi volti all’inserimento lavorativo delle persone con disabilità: solo 8 (più la P.A. di Trento) nel 2020 e 7 (più la P.A. di Trento) nel 2021.Una situazione che non potrà che peggiorare con il regionalismo differenziato.
Istruzione e Lavoro devono diventare i veri strumenti d'inclusione economica e sociale.
* Foto di Oscar Keys su Unsplash
Per la Redazione - Serena Moriondo