contattaci2
Chiamaci: 06 441 146 25
Scrivici una e-mail
area riservatacerca
cercaarea riservata
logo rigenerazioni NEWS 800x100 trasparente

All’indomani della presentazione del rapporto Draghi sulla competitività europea si è aperto il Summit sindacale Labour 7, organizzato a Cagliari da Cgil, Cisl, Uil quasi in concomitanza del G7 su Lavoro e Occupazione a cui parteciperanno il 12 settembre i rappresentanti delle parti sociali, Business 7 e Labour 7, della società civile, Civil 7, delle donne, Women 7 e dei giovani, Youth 7.

L'iniziativa sul lavoro dei Sindacati è realizzata con il coordinamento della Confederazione sindacale internazionale (ITUC), e del TUAC, il Comitato consultivo sindacale presso l'Ocse.

La Cgil presente all'iniziativa insieme a Cisl e Uil e ai leader delle Organizzazioni sindacali di Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Usa, ribadisce l'urgenza di mettere al centro il valore del lavoro, garantire diritti fondamentali e salari dignitosi.

A margine dei lavori il Segretario Generale della Cgil, Maurizio Landini ha dichiarato: “Le persone, per essere libere, non devono essere precarie, devono avere uno stipendio che permette loro di vivere e non morire sul lavoro, avere garantiti alcuni diritti fondamentali: cura, formazione, istruzione” [..] “Purtroppo – ha sottolineato – in questi anni il mercato, lasciato libero senza regole, ha impoverito le persone, ha aumentato le diseguaglianze e oggi chi lavora è povero pur avendo un’occupazione. Il modello sociale va cambiato. In Europa bisogna cambiare le politiche di austerità, politiche sbagliate che in questi anni sono state fatte da molti governi”. 

In merito al documento di Draghi, Landini ha precisato: “Credo sia la relazione di Mario Draghi che il rapporto di Enrico Letta dicono che bisogna costruire un’Europa che oggi non c’è. Un’Europa non solo della moneta, ma del lavoro, delle politiche industriali, energetiche, economiche e sociali” [..] “La competizione è con Cina e India – ha detto – l’Occidente è una minoranza. C’è la necessità di fare gli investimenti, servono per recuperare un ritardo che è palese. Il messaggio è che rischiamo di andare da un’altra parte se non si realizzano gli investimenti. E trovo folle che qualcuno nel nostro Paese parli di autonomia differenziata, proponendo che ognuno può risolvere i suoi problemi nel suo territorio quando siamo invece in una dimensione di sistema in cui rischiano di pagare le persone”.

E proprio sul documento commissionato a Draghi dall'Unione Europea si dovrebbe organizzare una sessione dedicata, di approfondimento di alcuni giorni, da parte del mondo del lavoro.

Grafico PIL Mondiale documento DraghiMario Draghi definisce, infatti, l'attuale situazione "una sfida esistenziale." Ci troviamo difronte a un bivio, sebbene " I valori fondamentali dell"Europa sono la prosperità, l"equità, la libertà, la pace e la democrazia in un ambiente sostenibile" [..] Se l"Europa non riesce a diventare più produttiva, saremo costretti a scegliere. Non saremo in grado di diventare, allo stesso tempo, un leader nelle nuove tecnologie, un faro della responsabilità climatica e un attore indipendente sulla scena mondiale. Non saremo in grado di finanziare il nostro modello sociale. Dovremo ridimensionare alcune, se non tutte, le nostre ambizioni." [..] L"unico modo per affrontare questa sfida è crescere e diventare più produttivi, preservando i nostri valori di equità e inclusione sociale. E l"unico modo per diventare più produttivi è che l"Europa cambi radicalmente."

Per rilanciare la crescita sostenibile il documento indica tre aree di intervento:

  1. L' Europa deve riorientare profondamente i suoi sforzi collettivi per colmare il divario di innovazione con gli Stati Uniti e la Cina, soprattutto nelle tecnologie avanzate. Con il mondo che si trova sull"orlo di una rivoluzione AI, l"Europa non può permettersi di rimanere bloccata nelle "tecnologie e industrie di mezzo” del secolo precedente. Dobbiamo sbloccare il nostro potenziale innovativo. Una parte centrale di questa agenda sarà quella di fornire agli europei le competenze necessarie per trarre vantaggio dalle nuove tecnologie, in modo che tecnologia e inclusione sociale vadano di pari passo.
  2.  La seconda area di azione è un piano congiunto per la decarbonizzazione e la competitività. Se gli ambiziosi obiettivi climatici dell"Europa saranno accompagnati da un piano coerente per raggiungerli, la decarbonizzazione sarà un"opportunità per l"Europa. Ma se non riusciamo a coordinare le nostre politiche, c’è il rischio che la decarbonizzazione sia contraria alla competitività e alla crescita. Anche se i prezzi dell"energia sono diminuiti notevolmente rispetto ai loro picchi, le aziende dell"UE devono ancora affrontare prezzi dell"elettricità che sono 2-3 volte quelli degli Stati Uniti. I prezzi del gas naturale pagati sono 4-5 volte superiori. Questo divario di prezzo è dovuto principalmente alla mancanza di risorse naturali in Europa, ma anche a problemi fondamentali del nostro mercato energetico comune. Le regole del mercato impediscono alle industrie e alle famiglie di cogliere tutti i benefici dell"energia pulita nelle loro bollette. Le tasse elevate e le rendite catturate dagli operatori finanziari aumentano i costi energetici per la nostra economia. Senza un piano per trasferire i benefici della decarbonizzazione agli utenti finali, i prezzi dell"energia continueranno a pesare sulla crescita.
    L"UE è leader mondiale nelle tecnologie pulite come le turbine eoliche, gli elettrolizzatori e i carburanti a basso contenuto di carbonio, e più di un quinto delle tecnologie pulite e sostenibili a livello mondiale sono sviluppate qui. Tuttavia, non è garantito che l"Europa colga questa opportunità. La decarbonizzazione deve avvenire per il bene del nostro pianeta. Ma affinché diventi anche una fonte di crescita per l"Europa, avremo bisogno di un piano congiunto che abbracci le industrie che producono energia e quelle che consentono la decarbonizzazione, come la tecnologia pulita e l"industria automobilistica.
  3.  La terza area d"azione è l"aumento della sicurezza e la riduzione delle dipendenze. La sicurezza è un prerequisito per la crescita sostenibile perchè allontana l'incertezza e sblocca gli investimenti. Inoltre, dobbiamo superare l'enorme dipendenza  dalle importazioni di tecnologia digitale. Per la produzione di chip, ad esempio,  il 75-90% della capacità globale di fabbricazione di wafer si trova in Asia. Queste dipendenze sono spesso bidirezionali – ad esempio, la Cina si affida all"UE per assorbire la sua sovraccapacità industriale – ma altre grandi economie come gli Stati Uniti stanno attivamente cercando di districarsi. Se l"UE non agisce, rischiamo di essere vulnerabili a quella che viene definita nel documento, una coercizione. In questo contesto, avremo bisogno di una vera e propria "politica economica estera” dell"UE per mantenere la nostra libertà, il cosiddetto statecraft. Solo insieme possiamo creare la leva di mercato necessaria per fare tutto questo. La pace è il primo e principale obiettivo dell"Europa. Ma le minacce alla sicurezza fisica sono in aumento e dobbiamo prepararci. L'UE è collettivamente il secondo Paese al mondo per spesa militare, ma questo non si riflette nella forza della nostra capacità industriale di difesa. L"industria della difesa è troppo frammentata, il che ostacola la sua capacità di produrre su scala, e soffre di una mancanza di standardizzazione e interoperabilità delle attrezzature, che indebolisce la capacità dell"Europa di agire come una potenza coesa.Tra la metà del 2022 e la metà del 2023, il 78% della spesa totale per gli acquisti è stata destinata a fornitori extra-UE, di cui il 63% agli Stati Uniti.  Le stesse strategie industriali oggi – come si vede negli Stati Uniti e in Cina – combinano molteplici politiche, che vanno dalle politiche fiscali per incoraggiare la produzione nazionale, alle politiche commerciali per penalizzare i comportamenti anticoncorrenziali, alle politiche economiche estere per garantire le catene di approvvigionamento. Nel contesto dell"UE, collegare le politiche in questo modo richiede un alto grado di coordinamento tra gli sforzi nazionali e comunitari che oggi non avviene a causa del suo processo decisionale lento e disaggregato. Il risultato è un processo legislativo con un tempo medio di 19 mesi per approvare nuove leggi, dalla proposta della Commissione alla firma dell"atto adottato – e prima ancora che le nuove leggi vengano attuate negli Stati membri.

Infine, nel documento di Draghi, nell'elencare possibili e necessarie direzioni da intraprendere, si ribadisce il fatto che "le riforme possono essere veramente ambiziose e sostenibili solo se godono di un sostegno democratico". Ci sono diverse costellazioni in cui possiamo avanzare. Ma ciò che non possiamo fare è non avanzare affatto.

Per la Redazione - Serena Moriondo