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Disegno Paul Klee 2Di Gaetano Sateriale

1. Tra poche settimane il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sarà presentato in Europa e, speriamo, diverrà operativo. Certo, bisognerà vedere quanto sarà complessivamente coerente con gli indirizzi europei e con gli obiettivi di sostenibilità (ambientale, sociale, economica), ma il problema più difficile, per il nostro Paese, nasce dopo: in fase applicativa. Quando il PNRR dovrà essere applicato: dalle Regioni giù giù per la filiera amministrativa fino ai comuni più piccoli (senza nessun ente di area vasta che possa aiutarli). Per dirla in sintesi, nel nostro Paese c’è una filiera amministrativa istituzionale disarticolata (da prima della Pandemia). Le Regioni parlano di autonomia differenziata in realtà vogliono decidere loro su tutto, fingendo di non vedere che così facendo hanno prodotto molti guasti, a partire dai 20 diversi sistemi sanitari in Italia. Le Città Metropolitane esistono solo nel web; non abbiamo più enti di area vasta (c’è l’Unione delle Province ma le Province sono in difficoltà da tempo); i Comuni hanno poche risorse autonome, molti sono troppo piccoli per avere persino le risorse tecniche necessarie; i Comuni delle aree interne del Paese (in spopolamento) sono abbandonati a sé stessi. In questa situazione è difficile immaginare che i progetti di realizzazione del PNRR siano nuovi e coerenti fra loro (e con la strategia nazionale) e non siano la riedizione invece di tutti i fascicoli che giacciono dimenticati nei cassetti degli enti di governo del territorio. Già ci sono prime testimonianze in questa direzione nelle proposte che le Regioni hanno fatto al Governo in preparazione del PNRR.

Non c’è, ovviamente, il tempo (sempre lunghissimo) di una riforma amministrativa costituzionale che rimetta insieme la filiera spezzata della governance. Ed è urgente agire con una “concertazione” multilivello perché la scelta dei progetti e la misura della loro coerenza siano più partecipati (e meno burocratico-verticistici). Per la nostra associazione allora non c’è tempo da perdere, ma non è un compito che si possa svolgere interamente da Roma. Bisogna costituire dei coordinamenti territoriali di Nuove Ri-Generazioni e con questi, in rete con le tante associazioni del civismo attivo, chiedere, sollecitare, pretendere una interlocuzione con gli enti di governo del territorio tale da portare al centro dei progetti del PNRR i temi di una rigenerazione urbana centrata sui bisogni dei cittadini e del territorio, in una strategia di sviluppo sostenibile, di riduzione delle diseguaglianze e di crescita di un lavoro di dignità (a partire da giovani e donne).

2. La parola “rigenerazione” è molto di moda. Se ne legge quotidianamente, non sempre a proposito. Spesso (anche in documenti di origine sindacale, purtroppo) si sovrappongono, come fossero sinonimi o quasi, il tema della rigenerazione a quello della riqualificazione urbana. Mentre tra i due concetti passa una rilevante differenza (di analisi e di prospettiva operativa). Per essere sintetici si potrebbe dire che la riqualificazione ha al suo centro le abitazioni, le strutture edilizie industriali e di servizio, le infrastrutture da aggiornare, valorizzare, riordinare, manutenere. La rigenerazione ha invece al suo centro i bisogni delle persone: il loro maggiore benessere in termini di qualità dell’abitare e di servizi di prossimità da ri-costituire (scuole, sanità, sicurezza, assistenza, trasporti, ecc.).

3. Anche il termine “sostenibilità” è un termine di moda, persino in campo pubblicitario. E anche in questo caso si tende quasi sempre a far coincidere la “sostenibilità” con le problematiche ambientali. Al contrario, la strategia dello sviluppo sostenibile come da Agenda ONU 2030 è molto più complessa e completa, basti dare un’occhiata ai 17 obiettivi principali e ai 169 sotto-obiettivi da realizzare entro il 2030 per rendersi conto di quanto l’orizzonte della sostenibilità sia ampio e interessi certo l’ambiente e il clima, ma anche il benessere sociale, il lavoro, una crescita economica solida e compatibile, la partecipazione e molto altro (cfr. www.asvis.it). 

L’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) è forse l’unica Associazione composta di associazioni che ci sia in Italia (300 aderenti tra cui Cgil, Cisl, Uil, Confindustria, Lega Ambiente, Arci, Università ecc.… oltre alla nostra Nuove Ri-Generazioni). ASviS svolge un importante lavoro di sensibilizzazione e diffusione dei temi della sostenibilità nei confronti del Governo e delle massime istituzioni nazionali ed europee con i Rapporti e i Festival annuali e molte altre attività. Al momento ha solo 3 strutture regionali (Liguria, Veneto, Emilia Romagna). Per riconnettere la filiera della governance istituzionale del Paese e indurre comportamenti coerenti a livello regionale e territoriale forse sarebbe necessario costituire i Coordinamenti regionali ASviS dove non ci sono, a partire da un’iniziativa delle Associazioni aderenti a livello nazionale. La nostra Associazione è una delle aderenti (assieme alla Cgil, come dicevamo), siamo pertanto nella possibilità di agire, anche formalmente, per dar vita a momenti territoriali di coordinamento sulla sostenibilità assieme alle altre associazioni disponibili. Farlo fra un anno sarebbe importante ma potrebbe essere tardi. Iniziare subito una consultazione fra le associazioni e costituire dei coordinamenti (anche leggeri) potrebbe aiutare in maniera decisiva la concertazione multilivello per realizzare coerentemente i progetti del PNRR.

Non resta che rimboccarci le maniche.