di Serena Moriondo
Majd Mashharawi è una donna, nata e cresciuta tra macerie, miseria e costrizioni in un territorio colpito da uno dei conflitti più devastanti, dove l’occupazione militare dei Territori Palestinesi Occupati dura da 54 anni. Si è laureata in ingegneria civile presso l'Università islamica di Gaza e ha inventato dei mattoni sostenibili fatti con macerie e ceneri, per portare avanti la ricostruzione della sua città.
L’idea nasce da una forte limitazione posta da Israele che controlla tutti i flussi di persone e merci sul territorio palestinese. I materiali da costruzione sono stati banditi per la prima volta a Gaza nel 2007, etichettati a "doppio uso" sostenendo che potevano essere impiegati per costruire bunker o per altri scopi militari. Di conseguenza, agli abitanti è richiesto di ottenere numerose approvazioni da più agenzie governative per importare cemento e altri materiali necessari. Questo processo ha rallentato il settore delle costruzioni, creato migliaia di disoccupati e lasciato molti in attesa di materiali per completare le proprie abitazioni.Dopo la guerra nel 2014 (che ha distrutto circa 18.000 abitazioni e danneggiato oltre 200.000) sono stati ammessi dei materiali, ma in maniera fortemente limitata e solo una piccola parte è andata alla ricostruzione degli alloggi (solo un quinto degli alloggi sono stati ricostruiti). Una relazione stima che solo un terzo del cemento necessario per la ricostruzione ha superato il confine. La scarsità di forniture ha fatto salire il prezzo del cemento mentre decine di migliaia di persone sono ancora sfollate o senzatetto.
In questo contesto, Mashhrawi e una sua compagna di università hanno compreso che vi era un disperato bisogno di materiali da costruzione alternativi trovando le risorse tra le macerie e, tramite il processo di produzione, creare opportunità lavorative, in un area con elevato indice di povertà e disoccupazione.
Scoprirono che non potevano sostituire completamente il cemento, ma ridurne la quantità, così iniziarono ad esaminare gli aggregati e la sabbia, gli altri due ingredienti essenziali per la produzione di calcestruzzo, anche questi importati da Israele. Gli aggregati sono stati sostituiti da una materia prima largamente disponibile: macerie provenienti da edifici bombardati. Per quanto riguarda la sabbia, apprendendo che le fabbriche di asfalto di Gaza producono circa 6 tonnellate di cenere (un sottoprodotto della combustione del carbone e del legno) alla settimana, hanno avuto l'idea che, invece, di seppellire le ceneri nel terreno, o nelle discariche (una pratica comune nel paese che crea pericoli ambientali, in quanto inquina suolo e falde acquifere). Per questo hanno iniziato a utilizzare la cenere come riempimento per blocchi. Lo stesso tipo di cenere è prodotta dalle famiglie per riscaldare le proprie abitazioni e cucinare. Da materiali di scarto altamente dannoso per l’ambiente e dal segno tangibile della distruzione causata dalla guerra, hanno inventato i mattoni sostenibili da utilizzare per la futura ricostruzione di Gaza.
Dall’intuizione di realizzare mattoni con le macerie bisognava passare alla prototipazione e infine alla produzione di massa, vero scopo del progetto. Il processo ha però incontrato non poche difficoltà, tra le quali quella di convincere gli abitanti di Gaza che i mattoni sostenibili erano affidabili e potevano effettivamente essere utilizzati come materiale edile; l’idea che la ricostruzione di Gaza fosse una perdita di tempo e, infine, ai soliti pregiudizi legati al ruolo della donna nella società.
Ciò nonstante le avversità non l’hanno fermata, e all'inizio del 2015 ha ottenuto il primo prototipo funzionante di mattone sostenibile, ribattezzato “Green Cake” (torta verde). Il termine “green” fa riferimento alla sostenibilità del processo lavorativo e al recupero di materiali di scarto e il termine “cake” allude alla struttura porosa dei blocchi che hanno un peso dimezzato rispetto a quelli convenzionali. I mattoni sostenibili hanno anche ottime proprietà di isolamento termico ed acustico. Il progetto non è il primo nel suo genere a incorporare la cenere nei mattoni; ma questo impiega un diverso tipo di cenere a grana più grossa e un processo di lavorazione che utilizza il vapore anziché i forni ad alta temperatura, risparmiando così molta energia. Un ulteriore risultato ottenuto da Green Cake è il prezzo: meno della metà di un blocco convenzionale, fattore che ha permesso la sua diffusione.
Con l’aiuto di una sovvenzione dall’Università islamica di Gaza il team guidato da Majd ha iniziato a produrre i primi blocchi e ad Agosto 2016 ha ricevuto la prima commissione per costruire un muro di recinzione. Con la partecipazione, nel 2017, alla “Japan Gaza Innovation Challenge” - i cui sponsor aiutano giovani talenti a realizzare le proprie idee per la ricostruzione di Gaza - Majd ha potuto testare alcuni prototipi di Green Cake per migliorare il modello. Al di là di ogni aspettativa il progetto di Mashhawari ha vinto il primo posto e la giovane ha utilizzato i soldi ottenuti dalla vincita per affittare i locali di una fabbrica, ed avviare la produzione in massa dei mattoni fatti con le macerie.
Oggi, Mashhawari può permettersi non solo di affittare lo spazio della fabbrica, ma anche di assumere 10 persone per il processo di lavorazione, Majd ha vinto una borsa di studio a Boston per giovani start-up. Il suo obiettivo principale, oltre ad acquisire maggiori conoscenze per sviluppare ulteriormente il suo mattone sostenibile, è quello di trovare aziende interessate ad investire in altri giovani innovatori di Gaza. Ma la sua esperienza è andata oltre creando un sistema di impianti solari condivisi tra famiglie diverse.
E ora pensate cosa potrebbero fare, donne come Majd Mashharawi, in tempo di Pace.