Alle misure concepite per fronteggiare la crisi economica nel breve periodo si sono affiancati programmi di sviluppo a lungo termine. In questa prospettiva vanno considerati tanto il Next Generation EU quanto il bilancio pluriennale dell’Unione. Il primo è il il piano straordinario europeo del valore complessivo di 750 miliardi di euro valido per il finanziamento dei piani di ripresa e resilienza nazionali da attuare nel periodo 2021-2026, approvato dal Consiglio europeo il 21 luglio 2020. Con il secondo verranno erogate risorse agli Stati membri pari a più di mille miliardi di euro nel periodo 2021-2027.
Il dibattito sul piano italiano è stato al centro del dibattito pubblico negli ultimi mesi. Per effetto del Next Generation EU, dunque, l’Italia dovrebbe ricevere circa 210 miliardi di euro dall’Unione europea. Il piano, dunque, diviene fondamentale per il rilancio socioale ed economico dell’Italia, caratterizzata negli scorsi anni da una crescita asfittica e da un crollo di quasi il 9% del PIL negli ultimi dodici mesi, da un debito pubblico già di per sé alto (pari al 134% PIL) e destinato a crescere ulteriormente a causa della pandemia (fino al 155% del PIL), da seri problemi di adeguamento delle sue infrastrutture all’evoluzione tecnologica e alla digitalizzazione.
Davanti alle complessità incontrate nella predisposizione del PNRR italiano, relative all’entità delle risorse da distribuire tra i vari settori, alle modalità di governance del piano e al ruolo dei poteri pubblici nell’implementazione e nel monitoraggio dei risultati, alle riforme necessarie per accompagnare l’attuazione del piano, ai rischi che i progetti non siano realizzati entro il 2026, anche per via dei non incoraggianti risultati nella spesa dei fondi ordinari europei nel passato, un gruppo di ricercatori dell'Istituto di ricerche sulla pubblica amministrazione, ha recentemente esaminato quanto è stato fatto in altri Paesi europei. In particolare è stata condotta un’accurata analisi dei piani di ripresa e resilienza di cinque Stati membri dell’Unione, ossia Francia, Germania, Spagna, Portogallo e Grecia, che riportano varie analogie con il nostro Paese.
In alcuni Stati, come Portogallo e Grecia, i piani servono esclusivamente per la gestione delle risorse provenienti dal Next Generation EU, mentre in altri le risorse UE sono combinate con ulteriori risorse nazionali aggiuntive, come nel caso della Francia, dove il valore degli stanziamenti statali è addirittura superiore a quello delle risorse europee. In Germania il piano, di dimensioni molto inferiori rispetto all’entità degli interventi emergenziali approvati nel corso del 2020, è integrato nel bilancio statale o, come in Spagna, dove 27 dei 140 miliardi complessivi del programma europeo sono stati impegnati anticipatamente nella legge di bilancio per il 2021.
Le scelte dei diversi Paesi analizzati differiscono in ordine ai tipi di ausili europei dei quali servirsi. In particolare, la Germania ha deciso di non avvalersi dei prestiti, accedendo esclusivamente ai contributi a fondo perduto messi a disposizione dal Next Generation EU, in quanto i titoli di Stato tedeschi hanno tassi di interesse inferiori e sono perciò più convenienti. Nella maggior parte degli altri Paesi, al contrario, si prevedono l’uso integrale dei contributi a fondo perduto e l’impiego parziale dei prestiti. In particolare, in Francia, solo 8 miliardi sui 100 stanziati nel piano di ripresa dovrebbero derivare dai prestiti europei (32 miliardi dai contributi a fondo perduto e 60 dagli stanziamenti nazionali). In Spagna si propone di impiegare solamente i 72 miliardi di euro in sovvenzioni, ritenendo che queste possano avere un maggiore impatto positivo nell’immediato sulla ricostruzione economica. Il Portogallo prevede di concentrare gli sforzi sui contributi a fondo perduto, limitando il ricorso ai prestiti per un valore pari a 2,7 miliardi di euro, sui 14,2 astrattamente disponibili, con l’intento dichiarato di ridurre al minimo il rischio di aggravare ulteriormente il già alto livello del debito pubblico. La Grecia prevede di impiegare la quota sia delle sovvenzioni, sia dei prestiti, con cui portare a compimento le riforme imposte nei precedenti semestri europei.
Per quanto attiene ai progetti da finanziare tramite i piani, questi sono coerenti con le linee guida della Commissione europea, sebbene vi sia comunque spazio per una certa autonomia sull’allocazione delle risorse. La predisposizione dei singoli piani, in alcune circostanze, è stata anche il risultato di un ampio dibattito pubblico che ha coinvolto le istituzioni nazionali e la società civile. Questo è evidente in Germania, dove un ruolo rilevante nell’elaborazione del piano è stato rivestito dalle parti sociali, e in Portogallo, dove l’ultima bozza del piano è stata sottoposta a una consultazione pubblica online della durata di due settimane.
Pressoché in ogni Paese numerosi interventi riguardano la modernizzazione della pubblica amministrazione, la quale è destinataria di investimenti per una maggiore dotazione tecnologica e di varie riforme normative. In Germania si prospettano azioni rivolte sia all’innovazione tecnologica, sia alla semplificazione amministrativa, con una serie di riforme funzionali a ridurre i vincoli agli investimenti pubblici e privati. In Spagna si propone di rafforzare la collaborazione pubblico-privata per migliorare la capacità di esecuzione degli investimenti e sono elaborati vari progetti per la digitalizzazione della pubblica amministrazione, compresa l’amministrazione della giustizia. In Portogallo le riforme connesse alla pubblica amministrazione concernono sia la riduzione degli oneri amministrativi e regolatori alle attività di impresa, sia la cybersecurity e la tutela dei dati di cittadini e imprese in possesso delle autorità pubbliche. In Grecia si punta alla transizione digitale di tutta l’amministrazione per un rilancio generale dell’economia, con riforme che afferiscono al sistema tributario, all’amministrazione della giustizia, alla regolazione e semplificazione amministrativa.
Per la buona riuscita dei piani di ripresa e resilienza è poi necessario un efficace modello di governance, espressamente richiesto anche in sede europea. In ogni Paese si distinguono due piani, quello dell’attuazione e quello del monitoraggio. In relazione all’esecuzione dei piani è individuato un soggetto responsabile che diventa il perno sul quale ruotano tutti gli attori pubblici e privati coinvolti dal piano. Il Ministero dell’economia e delle finanze è il soggetto responsabile in Germania e in Francia (dove, per l’occasione, ha cambiato denominazione in «Ministero dell’economia, delle finanze e del rilancio»). In Spagna e in Portogallo un ruolo preminente è assegnato a un’apposita Commissione interministeriale per la ripresa e resilienza, presieduta dal Primo Ministro.
L’attuazione dei piani è poi declinata tra livello centrale e decentrato con modalità distinte a seconda delle caratteristiche regionali o federali dei sistemi giuridici dei Paesi presi in considerazione. In Germania, in virtù della struttura federale dell’ordinamento, i Länder prendono parte alla realizzazione del piano, sotto la vigilanza del Bundesrat. In Spagna, dato il carattere autonómico dell’ordinamento, l’esecuzione del piano è rimessa anche alle Comunità autonome e agli enti locali, riuniti nella Conferenza di settore dei Fondi europei. Un coinvolgimento rilevante delle autonomie è ammesso anche in Portogallo, dove alla centralizzazione della gestione fa da contraltare un «decentramento dell’esecuzione». Ai soggetti responsabili dell’attuazione possono affiancarsi anche ulteriori strutture di coordinamento: in Francia è istituito l’Alto commissariato per il piano di ripresa; in Grecia è costituita la Special Coordinating Authority for the Recovery Fund in seno al Ministero dell’economia e delle finanze; in Portogallo funzioni fondamentali di coordinamento sono assegnate all’apposita struttura di missione, denominata Recuperar Portugal.
In riferimento al monitoraggio sull’esecuzione e sul completamento degli investimenti e delle riforme previste dai piani, ciascuno Stato si è dotato di appositi modelli. In alcuni casi, si è optato per un meccanismo amministrativo di monitoraggio, come in Francia, dove si è creato, a livello nazionale, un comitato, presieduto dal Primo Ministro, incaricato di vigilare anche sul cronoprogramma dei progetti, al quale si aggiungono comitati di monitoraggio regionali. In altri casi, si è preferito favorire un modello di controllo parlamentare, come in Spagna dove il Governo deve riferire periodicamente sui progressi dell’attuazione del piano alla Commissione mista per l’Unione europea. In altri casi ancora si è fatto ricorso a enti indipendenti, come in Portogallo, dove il monitoraggio sull’esecuzione è affidato a una speciale Commissione nazionale, presieduta da un soggetto indipendente e composta da imprenditori e da rappresentanze sociali e territoriali.
Per la Redazione - Serena Moriondo