di Gaetano Sateriale
Si è concluso ieri, in diverse città italiane, il Festival Nazionale ASviS 2021, il Festival dello Sviluppo Sostenibile. Un’occasione importante (più di 500 eventi) per misurare gli avanzamenti e i ritardi che sui diversi temi dell’Agenda Onu 2030 l’Europa e l’Italia stanno registrando. Ad alcuni di questi eventi hanno contribuito anche la nostra Associazione (una delle oltre 300 organizzazioni aderenti all’ASviS) e le sue articolazioni territoriali.
La cultura della sostenibilità si sta senz’altro diffondendo, anche grazie alla sensibilità dei giovani. Tuttavia va ricordato che si tratta di una strategia di sviluppo certamente orientata a ridurre l’inquinamento ambientale, ma anche le diseguaglianze sociali ed economiche che le dinamiche di un mercato globale sempre più finanziario e senza regole hanno prodotto in questi anni. Spesso questa dimensione larga dell’Agenda Onu viene dimenticata.
La sostenibilità, potremmo dire, impone un “nuovo modello di sviluppo” in cui ci sia più equilibrio nella distribuzione dei redditi, meno impatto sul pianeta, più lavoro di dignità. In modo da chiudere, finalmente, quella che Papa Francesco chiama l’ “economia dello spreco”: spreco di merci, di resti, di sottoprodotti di lavorazione, di capitale umano.
Tuttavia questa cultura della sostenibilità, sempre più presente nei media, ancora non si è trasformata in politiche reali. Malgrado i richiami europei (nella Next Generation EU) e nazionali (nel PNR), non esiste ancora una declinazione nelle regioni e nei territori dei 17 goal e dei 169 target di cui si compone l’Agenda. Non è chiaro quali siano le priorità da adottare per avviare “il modello di sviluppo sostenibile” in Italia e, soprattutto, quali coerenze vi siano tra la strategia Onu e i progetti che saranno finanziati attraverso il Pnrr, al di là dei tanti richiami verbali.
È un momento importante per il nostro Paese. Nei prossimi mesi dovremmo affrontare molte sfide e risolvere molte emergenze. Dovremmo rispondere a vecchi ritardi e nuovi bisogni. È difficile immaginare che senza una rinnovata partecipazione della società civile ai percorsi decisionali delle istituzioni le sfide possano essere vinte in una logica di sostenibilità e di riduzione delle diseguaglianze. Non si tratta di scelte astratte. Si tratta di capire, per stare solo ai temi della rigenerazione urbana, se si interromperà oppure no l’occupazione di suolo pubblico, se aumenterà il trasporto pubblico locale non inquinante (rispetto al privato), se si andrà davvero verso la riconversione energetica, se e come si applicheranno in maniera coerente il Superbonus e la Qualità dell’Abitare.
Credo che in questa sfida il sindacato non possa giocare un ruolo di semplice osservatore. E neppure che sia sufficiente una cabina di regia nazionale di cui far parte per garantire la realizzazione pratica diffusa dei principi della sostenibilità. È necessaria una presenza territoriale organizzata, una rete di relazioni ampia con le altre organizzazioni sociali, la ripresa di una capacità di concertazione e contrattazione territoriale multilivello. A partire dai territori. È una sfida anche per noi.