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Copertina Studio The Ghatering stormCome tutti sanno, le questioni in discussione alla COP26 sono numerose: come misurare le emissioni in modo univoco e trasparente, come monitorare l'attuazione dei contributi determinati a livello nazionale, come finanziare le azioni per il clima e come definire le regole di funzionamento dei meccanismi di cooperazione internazionale.

Secondo quarantaquattro economisti specializzati nei temi della transizione climatica interpellati dall’agenzia Reuters*, per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi servono ogni anno investimenti aggiuntivi per il 2-3 % di PIL globale. Si tratta, in media, di una spesa (fino al 2050) di 44mila miliardi di dollari. Un valore più elevato, ma della stessa misura di grandezza, di quanto stimato dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), che invece prevede investimenti aggiuntivi annuali per 0,6-1% di PIL globale, cioè tra i 12 e i 20mila miliardi di dollari. Cifre che sono coerenti anche con i risultati stimati dall’Ipcc, il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, secondo cui sarebbero necessari investimenti per circa 3 punti di PIL ogni anno fino al 2035 (il reddito globale, a cui queste percentuali fanno riferimento, nel 2020 valeva più di 80mila miliardi di dollari).

Un investimento estremamente rilevante ma possibile e, soprattutto, indispensabile. Solo per fare qualche paragone che ci aiuti a comprendere meglio la questione: secondo la Banca Mondiale, nel 2020, per finanziare le spese militari i Paesi hanno speso il 2,35% del PIL globale; mentre - secondo l’OCSE - in dodici mesi, per sostenere i costi derivanti dalla pandemia, è stato speso il 16% del reddito mondiale. Per non parlare dei costi sociali  e i danni economici che causerebbe l'immobilismo, che determinerebbero un innalzamento incontrollato della temperatura e una perdita del 2,3% del PIL globale entro il 2030, il 10% entro il 2050 e addirittura il 18% alla fine del secolo.

Sappiamo che - secondo il documento consegnato alla COP26 dalla Glasgow Financial Alliance for Net Zero - i fondi che saranno necessari ai Paesi in Via di Sviluppo, da qui al 2050, per completare la decarbonizzazione sono stimati tra i 100 e i 150mila miliardi di dollari. Si tratta ben più delle somme che i Governi dei Paesi sviluppati hanno annunciato di dedicare, ogni anno, come aiuto alle aree più svantaggiate del mondo. E’ dal 2009 che i cosiddétti  Paesi ricchi hanno promesso gli aiuti ma tali donazioni non solo sono iniziate molto tempo dopo ma sono state anche molto meno consistenti (l’OCSE ha calcolato che nel 2016 sono stati 58,5 miliardi arrivati a 79,5 nel 2019 fin quasi a bloccarsi nel 2020, anno di diffusione della pandemia, per poi riprendere da quest’anno e si stima di raggiungere l’obiettivo dei 100 miliardi solo nel 2023. Parte dei quali, la maggioranza, in donazioni e parte in crediti all’export).

Secondo il Presidente Mario Draghi, complessivamente, i soldi però “non sono un problema, se vogliamo usarli bene” e, potrebbe avere ragione dato che una parte delle risorse per la transazione deriveranno anche da investimenti privati. Pensiamo, ad esempio, ai fondi d’investimento,  compagnie di assicurazioni, banche che finanziano - soprattutto attraverso i nostri risparmi -  milioni di aziende in tutti i settori e che, in base al documento di Glasgow, per almeno 450 di questi gruppi finanziari, quei risparmi dovrebbero essere utilizzati per finanziare aziende seriamente impegnate sul fronte della sostenibilità e, in particolare, alla riduzione delle emissioni. Ci sono state, dunque, tendenze positive nell'emergere di nuovi strumenti, attori e approcci per aumentare l'adattamento, anche nel settore privato. Tuttavia, la consistenza di tali risorse rimane limitata e gli investimenti del settore privato finora sono stati disomogenei tra Paesi e settori.

grafico scenarioLe informazioni a disposizione presentano dei limiti, ma suggeriscono che i costi di adattamento stimati e le probabili esigenze di finanziamento dell'adattamento nei Paesi in via di sviluppo sono da cinque a dieci volte maggiori degli attuali flussi finanziari pubblici internazionali per l'adattamento. Alla luce di questi numeri (per la verità non proprio positivi) per alcuni studiosi, tra cui gli esperti dell’istituto di studi di politica internazionale, il finanziamento della transizione climatica appare più sostenibile di quanto traspare nel dibattito pubblico. Nonostante ciò, ovviamente, le sfide ambientali che abbiamo di fronte rimangono decisamente difficili da raggiungere. Ciò che rende tortuosa la via della lotta al cambiamento climatico appare, ancor più dei costi, il disallineamento delle diverse economie globali, l’incentivo degli Stati nazionali a fare da “free rider” (cioè a lasciare che siano gli altri Paesi a occuparsi del problema), l’attuale distanza sul piano tecnologico e sociale, il divario dei piani di adattamento tra "Paesi ricchi e Paesi poveri".

L’Adaptation Gap Report 2021 – UNEP “La tempesta in arrivo – Adattarsi ai cambiamenti climatici in un mondo post-pandemia" del Programma ambientale delle Nazioni Unite, quest’anno si è posto proprio quest'ultimo obiettivo, descrivere cioè lo stato di adattamento dei vari Paesi ai cambiamenti climatici, e il quadro che ne emerge mostra risultati incoraggianti e preoccupanti allo stesso tempo

  • Fondamentalmente, c'è un consenso generale tra gli autori di questo Rapporto e in letteratura sul fatto che un adattamento più ambizioso sarà fondamentale in futuro ma, nel frattempo già risultano in pericolo le decisioni assunte dall'Accordo di Parigi. 
  • La pianificazione e l'attuazione dell'adattamento sono per lo più incrementali e seguono ancora il trend storico, piuttosto che adottare un approccio che anticipi e consideri fattori imprevisti (ad esempio, punti di non ritorno nei sistemi climatici e sociali).
  • I costi e le esigenze di adattamento continueranno probabilmente ad aumentare, soprattutto se non verranno compiuti progressi sufficienti verso l'obiettivo della temperatura dell'accordo di Parigi.
  • È probabile che anche i flussi finanziari pubblici per l'adattamento continueranno ad aumentare in misura modesta, ma non colmeranno il divario finanziario, mentre i flussi privati ​​per l'adattamento continueranno ad aumentare, ma saranno irregolari e spesso non raggiungeranno i più bisognosi.
  • La pandemia ha e continuerà ad avere un impatto negativo sulla capacità di adattamento su più piani, colpendo un'ampia gamma di parti interessate (circa 100 milioni di persone sono entrate in povertà nel 2020, milioni di persone hanno perso il posto di lavoro, alcune imprese hanno chiuso la propria attività mentre altre, soprattutto quelle operanti nel settore sanitario, hanno aumentato a dismisura i propri profitti).
  • Le spese dovute alla pandemia hanno causato un aumento del debito sovrano a livelli insostenibili in un lungo periodo, ostacolando la futura spesa pubblica anche per l'adattamento, in particolare nei Paesi in via di sviluppo ma  non solo.
  • L’ampiezza e la profondità di queste conseguenze varieranno da un Paese all'altro e all'interno di essi e diventeranno più evidenti nel tempo, ma sembra esserci un accordo generale sul fatto che le sfide di adattamento a lungo termine in termini di pianificazione, finanziamento e attuazione saranno sostanzialmente interessate da questi fattori e il livello di trasformazione necessario per affrontare i futuri rischi climatici non sembra ancora concretizzarsi.
  • In sostanza finanziamenti e progetti devono procedere velocemente in due direzioni: per contenere le emissioni e per adattarsi a una situazione ormai compromessa.
  • L’agenzia Reuters, una delle agenzie di stampa più importanti al mondo, ad aprile di quest’anno ha nominato Alessandra Galloni, una giornalista italiana, alla sua direzione. L’agenzia, nei suoi 170 anni di storia, non aveva mai avuto una donna alla guida. Un cambio di passo importante che, ci auguriamo, in futuro potrebbe essere seguito anche da altri giornali e agenzie.

Link: Sintesi_Stato_di_avanzamento_delle_misure_di_adattamento_UNEP_08112021_.pdf

Link: AGR21.pdf

Per la Redazione - Serena Moriondo