Il cambiamento climatico è diffuso, rapido e in aumento. E' quanto riporta l'IPCC che ha presentato il lavoro della 12° sessione del contributo del Working Group II al Sesto Assessment Report (AR6).
L’IPCC (Intergovernmental panel on climate change) è il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite fondato nel 1988 grazie alla collaborazione tra l’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) e il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep).
Il lavoro del WGII, che ha riunito 67 Paesi diversi e un totale di 270 scienziati volontari, evidenzia l’importanza e l’urgenza di un’azione immediata, necessaria per affrontare i rischi posti dall’aumento di temperatura. Sono proprio i rischi, insieme a impatti, vulnerabilità e adattamento al cambiamento climatico, i temi principali analizzati dal gruppo di esperti.
Alcuni impatti, come la perdita di biodiversità, risultano essere in parte già irreversibili, mentre altri, come quelli derivanti dal ritiro dei ghiacciai, rappresentano chiari esempi di impatti prossimi all’irreversibilità.
In particolare, il rapporto presenta una suddivisione tra rischi a breve termine e rischi a medio/lungo termine, associati a diversi gradi di probabilità, da basso a molto alto. A livello globale, i rischi a breve termine interessano la perdita di biodiversità, la compromissione di ecosistemi e sistemi umani costieri e, anche se con una probabilità inferiore rispetto ai primi, la limitazione di particolari servizi, quali energia e acqua, nelle città, di particolare interesse in quanto ospitano più della metà della popolazione mondiale. Per quanto riguarda l'Europa e quindi l'Italia, sono invece stati identificati quattro rischi principali a medio-lungo termine. Si tratta di rischi causati da ondate di calore su popolazioni ed ecosistemi terrestri e marini, rischi per la produzione agricola, scarsità di risorse idriche e maggiore frequenza e intensità di inondazioni costiere, fluviali e pluviali.
Ci troviamo in rotta verso un aumento, e non una riduzione, delle emissioni del 14% da qui al 2030.
Il documento sottolinea, dunque, l'urgenza di una trasformazione.
Sono diverse le strategie di adattamento individuate e i benefici che queste strategie possono produrre, come il raggiungimento di diversi obiettivi di sviluppo sostenibile. Vi sono però ancora molti ostacoli che limitano le nostre capacità di adattamento, come le risorse limitate o la mancanza di coinvolgimento e responsabilizzazione del privato. Altro ostacolo nel processo di adattamento è inoltre rappresentato dal cosiddetto maladattamento (maladaptation), ovvero l’attuazione di particolari soluzioni che portano benefici in un settore, producendo allo stesso tempo effetti negativi su altri ambiti (un esempio di maladattamento relativo al rischio di siccità, di particolare rilevanza per la regione mediterranea, è dato dalla desalinizzazione, che permette infatti di aumentare le disponibilità della risorsa idrica per particolari settori, come quello agrario, consumando però allo stesso tempo grandi quantità di energia).
Oltre a porre fine oggi all’era dei combustibili fossili, gas incluso (approvigionamento fino ad oggi essenziale per il nostro Paese, che ne importa il 95%, di cui 43-45% dalla Russia), l’altra soluzione consiste nel ripristino degli ecosistemi degradati e nella protezione di quelli esistenti, così che anche gli insediamenti umani ne possano trarre beneficio.
Il risultato del WGII mette in evidenza l’importanza della collaborazione e dell’unione nell’affrontare problematiche di questa rilevanza ma anche la necessità di affrontare questioni relative a equità e giustizia climatica e sociale. Il rapporto, pur rappresentando - come sostiene il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres - un atlante della sofferenza umana e un atto d'accusa schiacciante contro la fallita leadership climatica è attualmente messo in secondo piano dalla guerra in corso tra Russia e Ucraina nonostante, in realtà, abbia strette connessioni con quest'ultima.
Svitlana Krakovska, capo delegazione degli scienziati ucraini impegnati sul rapporto IPCC, nel corso dei lavori, ha dichiarato: “Posso assicurarvi che il cambiamento climatico causato dall’essere umano e la guerra contro l’Ucraina hanno connessioni dirette, nonché le medesime radici, queste radici sono i combustibili fossili e la dipendenza che l’umanità ha nei loro confronti".
Questo non significa che la crisi climatica basti a spiegare la situazione attuale, ma è evidente che la guerra, che oggi sta causando un gravissimo impatto sulla popolazione e sul territorio, devastando le città ucraine e le loro infrastrutture, è il prodotto di una leadership politica mondiale miope e di una complessa convergenza di circostanze storiche, geopolitiche ed economiche che la crisi climatica sta contribuendo ad aggravare.
La gravità della condizione della Terra e la miopia dei politici e ben riassunta dalle parole di François Gemenne, un esponente di spicco tra gli autori del rapporto dell'IPCC : "Penso ci sia ancora una tendenza, in molti governi e in molti politici, a considerare il cambiamento climatico un rischio tra i tanti. Dovremmo invece renderci conto che il cambiamento climatico è davvero una matrice di rischi e che tutte le questioni che saranno fondamentali nel 21° secolo — sviluppo, sicurezza, migrazione, salute — saranno trasformate dal cambiamento climatico".
Link: IPCC_AR6_WGII_SummaryForPolicymakers.pdf
Per la Redazione - Serena Moriondo