di Serena Moriondo
“Femminismo!” esclamava ella. “Organizzazione di operaie, legislazione del lavoro, emancipazione legale, divorzio, voto amministrativo e politico… Tutto questo, sì, è un compito immenso, eppure non è che la superficie: bisogna riformare la coscienza dell’uomo, creare quella della donna!” tratto dal libro "Una donna" che Sibilla Aleramo ha scritto a Torino nel 1906, espressione di un’esistenza vissuta, e raccontata, nel rifiuto del ruolo tradizionale imposto alla donna.
Mahsa Amini e Hadis Najafi, oltre cent'anni dopo, in tutt'altra parte del mondo, sono state uccise per i capelli scoperti. La battaglia per migliorare la condizione femminile in Iran è un fronte aperto, che inizia dalla discriminazione sessuale ma la lotta contro il patriarcato e per l'autodeterminazione è sconfinata ed è di tutte le donne.
L’UDI, l’Unione Donne Italiane, nel proprio sito ha voluto testimoniare come “Il coraggio di queste donne iraniane è direttamente proporzionale alla ferocia dell'oppressione maschile nei loro confronti. Queste immagini ci riportano alla mente le proteste delle donne afghane contro l'oppressione talebana. In troppi luoghi del mondo, vicini e lontani, la donna rappresenta ancora oggi un bersaglio, una minaccia da sopprimere. E troppe donne, vicine e lontane, devono lottare per il loro diritto di vivere!”. Tutto drammaticamente vero. E capire meglio un tema particolarmente complesso richiede lo sforzo di immedesimarsi in una cultura diversa dalla nostra.
A tal proposito risulta istruttivo il punto di vista dell'antropologa iraniana Sara Hejazi* sul contesto attuale del suo Paese d’origine, perché aiuta a uscire da certi stereotipi datati, consente una presa d’atto che riguarda la complessità e un quadro, quello iraniano attuale, certamente molto complicato (Link: Donne iraniane: per comprenderle è necessario conoscere la storia dell'Iran).
Shirin Ebadi, la prima donna musulmana a ricevere il Premio Nobel per la Pace (e anche una delle 58 al mondo contro 890 uomini!), ha ispirato ovunque milioni di persone con il suo impegno da avvocata per i diritti umani, difendendo soprattutto le donne, le bambine e i bambini. Nel suo libro "Finchè non saremo liberi. Iran. La mia lotta per i diritti umani" (Bompiani, 2016) ha scritto "..le difficoltà create dallo stato di polizia non hanno spinto il popolo iraniano a perdere la speranza di un cambiamento, né il desiderio di ottenerlo".
* Nata a Mashad, nel nord-est dell'Iran, da padre iraniano e mamma italiana, Sara Hejazi è cresciuta a Torino, poi a Washington DC e poi di nuovo a Torino. Dal 2007 ha ottenuto il dottorato di ricerca (Phd) in Antropologia culturale ed epistemologia della complessità e da allora ha fatto l'antropologa reinventando questo mestiere alla luce dei grandi cambiamenti della modernità. Ha studiato e poi pubblicato libri anche sul tema del velo islamico.
Foto di Paolo Pellegrino