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Foto opera Mazzi su scuoladi Serena Moriondo

Arte contemporanea in una scuola elementare. Succede in un popolare quartiere di Torino, Mirafiori Sud. A realizzare l’iniziativa la Fondazione Agnelli, che dal 2008 ha concentrato attività e risorse sull’education (scuola, università, apprendimento permanente), in collaborazione con la Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli.
Si tratta del progetto "Facciamo pArte" che ha coinvolto l’Istituto Comprensivo Salvemini di Torino in un percorso partecipato tra studenti e artisti per realizzare un intervento di public art sulla facciata della sede principale della scuola nella periferia sud di Torino, ad alto tasso di residenti stranieri (soprattutto da Romania, Marocco, Perù, Egitto).
L’artista in questione è Elena Mazzi (Reggio Emilia, 1984) che, dopo un laboratorio-dialogo di 5 mesi con gli studenti della scuola primaria e le loro insegnanti, ha realizzato un’opera-rebus a partire dall’aggettivo “ape-rta” e dal sostantivo “u-mani-tà”, in un creativo rapporto tra lettere e immagini per invitare all’inclusione e al rispetto dei diritti di ogni comunità sociale e religiosa.

Ogni fase del progetto ha avuto a cuore la riflessione sul concetto di fare parte di una comunità scolastica e la possibilità di farlo attraverso l’arte”, racconta Elena Mazzi, scelta da Pinacoteca Agnelli per tradurre il processo partecipato in un intervento artistico specifico. “Si è discusso dell’uso di parole e immagini specifiche, partendo dalla struttura architettonica della scuola, luogo che i bambini vivono ogni giorno. Dalla struttura fisica dell’edificio si è poi passati a identificare un sentire comune di appartenenza, un essere parte di una comunità. Mi capita spesso di sviluppare un processo artistico attraverso l’uso di laboratori, momenti di condivisione e di scambio. Credo che l’arte sia un ottimo strumento di lavoro collettivo, proprio perché libero da concetti predefiniti. Lavorare con questi bambini è stato per me un tassello sicuramente importante. Il rebus”, continua Mazzi, “unisce parola e immagine: portare questo linguaggio in codice a scuola è un modo per confrontarsi, con delicatezza e gioco, su un tema stringente: il riconoscimento dei diritti di bambini e adolescenti che si identifica con lo Ius Scholae”.

I rebus sono fatti per essere letti e interpretati, richiedono interazione, pongono domande, si aprono a tante possibilità.

L’idea del progetto Facciamo pArte nasce nel 2021 come parte di un dialogo fra Fondazione Agnelli – istituto di ricerca nel campo delle scienze sociali, fondato a Torino dalla FIAT nel 1966 – e aziende del gruppo Exor* sulle modalità di intervento nel campo dell’istruzione in ambito ESG (Environmental, Social, and corporate Governance).
Alla conclusione del corso è stato chiesto ai partecipanti, suddivisi in gruppi, di elaborare un’idea di progetto per l’Istituto Comprensivo Gaetano Salvemini di Torino, individuato come scuola che opera in un contesto socio-culturale complesso. L’idea, selezionata con l’aiuto della Dirigente della scuola Barbara Floris, è stata di realizzare un intervento artistico all’esterno dell’edificio come segno per la comunità scolastica e per il quartiere Mirafiori Sud. Lo sviluppo del progetto ha previsto di disegnare un percorso per coinvolgere in modo diretto studenti, famiglie e quartiere “nell’umanizzazione degli spazi scolastici”: un modo per aumentare la conoscenza e il senso di appartenenza alla scuola e al proprio quartiere. (Fonte: Artribune)

Gli interventi della Fondazione Agnelli in tema di istruzione sono andati però ben oltre l'arte. Ad esempio, nel 2019 l'Ente ha realizzato un apposito Rapporto sull’Edilizia Scolastica, pubblicato da Editori Laterza, che si fonda su analisi inedite a partire dall’Anagrafe dell’Edilizia Scolastica del Ministero dell’Istruzione, per fornire indicazioni di politiche in vista degli interventi necessari all’edilizia scolastica di questi anni. Le conclusioni: gli edifici scolastici in Italia hanno un’età media di 52 anni e in gran parte non sono più adeguati alle esigenze del futuro prossimo. Da tre diversi punti di vista: della sicurezza e della sostenibilità, ma anche come spazi per una buona e innovativa didattica. È quindi urgente intervenire. L’alternativa è un distacco ancora più profondo dai livelli di apprendimento degli studenti dei paesi avanzati, un diseducativo spreco di risorse ambientali e in alcuni casi anche un pericolo per la sicurezza di chi a scuola lavora e studia. Alla luce del calo della popolazione studentesca dei prossimi anni, l’attenzione dei decisori dovrà quindi concentrarsi soprattutto sulla ristrutturazione, la riqualificazione o la sostituzione degli edifici esistenti, con l’edificazione di nuove scuole in nuove sedi che resterà invece un’eccezione. Inoltre Con il WP 62 di Marco Filippi ed Elisa Sirombo, entrambi del Politecnico di Torino, sui criteri di sostenibilità degli edifici scolastici e con il WP 63 di Stefania Ravazzi (UniTo) sulla democrazia deliberativa prosegue la pubblicazione dei contributi scientifici che la Fondazione Agnelli ha commissionato per integrare le proprie analisi e portare a termine il Rapporto sull’Edilizia Scolastica, pubblicato da Laterza all’inizio del 2020.

Immagine bilancio sociale Fondazione AgnelliAl di là di queste interessanti iniziative, una precisazione è doverosa: gli investimenti delle Fondazioni d’impresa e bancarie nel campo dell’istruzione sono note, ed è sufficiente dare uno sguardo al Bilancio sociale della Fondazione Agnelli per comprenderne la rilevanza  (valore area Progetti 2021: 1.291.190€, mentre il patrimonio della Fondazione è passato da 2,8 mln di euro nel 1968 a 83,8 mln nel 2021). Pensiamo, ad esempio, ai progetti che si sono occupati con Save the Children, di alleviare i danni della pandemia per le fasce di allievi più fragili; la nuova versione del laboratorio didattico Combo sulle materie STEM, che porta ora nelle scuole superiori di tutta Italia “RoboSpazio”, un workshop di matematica, fisica e robotica che gli educatori di Comau conducono da remoto; o al progetto ”Scuola in Ospedale” realizzato con l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), Teach for Italy, Intercultura. Ciò nondimeno, tali attività suscitano una riflessione che riguarda la natura degli investimenti privati in campo educativo.

Due esempi:

  • il primo riguarda la convenzione "Torino fa scuola" promossa dalla Compagnia di San Paolo e dalla Fondazione Giovanni Agnelli, in collaborazione con Fondazione per la Scuola (sempre della Compagnia San Paolo) e la Città di Torino, nel 2015, a guida centro-sinistra e portata avanti anche successivamente dalla Giunta M5S. Il progetto - secondo i promotori - ha avuto origine da una riflessione culturale, pedagogica e architettonica sui nuovi spazi di apprendimento che servono alla scuola italiana e prevedeva la riqualificazione della Scuola secondaria di primo grado Enrico Fermi attraverso un ripensamento radicale dell'organizzazione degli spazi di apprendimento al fine di costruire un modello pedagogico e di edilizia scolastica innovativi.

In sostanza, l’investimento di ammodernamento dell’edificio scolastico è stato subordinato alla condivisione di una nuova proposta formativa. Inoltre, sul piano giuridico, due fondazioni private e senza scopo di lucro hanno realizzato, in modo diretto, l’intervento su due scuole (per la scuola Pascoli l’intervento è stato compiuto direttamente dalla Fondazione per la Scuola, proprietaria dell’edificio. Per la scuola Fermi, di proprietà pubblica, è stato sottoscritto uno specifico accordo di collaborazione pubblico/privato);

  • Il secondo riguarda il Progetto “Osservazione in classe S.G.C.C. (Strategie, Sostegno, Gestione, Clima)” costruito al fine di osservare le pratiche didattiche ed educative potrebbero facilitare il processo di apprendimento degli studenti in classe. La sperimentazione è stata condotta dall’INVALSI a partire dall’a.s. 2012-2014, con il contributo della Fondazione Giovanni Agnelli, nell’ambito del progetto PON Valutazione e Miglioramento, attraverso l’osservazione degli insegnanti di italiano e di matematica durante lo svolgimento della loro attività didattica. Il giudizio che emerge dalla sperimentazione, secondo la Fondazione, è che la percentuale di insegnanti del primo ciclo (primarie e secondarie di primo grado) che “riesce a offrire in modo assai efficace alle proprie classi spiegazioni strutturate e strutturate proposte di attività, favorendo gli apprendimenti, l’elaborazione attiva e consapevole dei saperi, l’autonomia” si attesta “fra il 25 e il 30%”. “Più del 23% degli insegnanti osservati possiede ottime capacità di spiegare in modo strutturato, ossia di svolgere al meglio la tradizionale lezione trasmissiva dalla cattedra, che invece viene svolta in modo inadeguato da circa il 17% dei docenti, con il restante 60% che si colloca a un livello medio. Quasi il 30% è, invece, particolarmente efficace nell’integrare le spiegazioni con la proposta agli studenti di attività di apprendimento ben strutturate - individuali o di gruppo – con anche l’utilizzo articolato di materiali e strumenti didattici (device digitali, risorse laboratoriali) che permettano loro di elaborare il sapere in modo attivo. Mentre il 13% mostra su questo fronte deficit preoccupanti, anche qui quasi il 60% dei docenti si colloca in una sorta di grande “area grigia”, svolgendo le proprie pratiche didattiche in modo complessivamente adeguato, ma con importanti margini miglioramento.”

Un quadro, quello raffigurato dal Rapporto dalla Fondazione, in cui si delineava una netta insufficienza della preparazione professionale dei docenti che, in assenza di una metodologia condivisa, ha mostrato, secondo il parere di alcuni rappresentanti del mondo della scuola, la volontà di pervenire a “un’indebita delegittimazione” fondata “su presupposti tutt’altro che oggettivi e neutri riguardo le finalità del processo d’istruzione.” L'investimento in innovazione didattica e formazione degli insegnanti quale obiettivo sostenuto dal Next Generation EU, indispensabile per migliorare la qualità della scuola italiana, diventerebbe, secondo questi, l’occasione per “imporre precise metodologie didattiche e contenuti formativi che, decisi sulla base di esigenze estranee al mondo dell’istruzione, trasformerebbero definitivamente il docente in un “operatore”, (…) ovvero in un professionista che mette in atto schemi comunicativi, definiti da soggetti (stakeholders) che avrebbero le competenze per definire gli obiettivi che la scuola deve perseguire, in linea con gli interessi d’impresa.

A tal proposito ricordiamo la scelta alquanto discutibile effettuata dal precedente ministro dell’istruzione, Bianchi, di approvare una riforma degli Istituti Tecnici Superiori (ITS) che prevede la trasformazione in Fondazioni di partecipazione e una governance il cui baricentro si sposta dal lato delle imprese che partecipano anche economicamente al progetto, a cui lo Stato riconosce il diritto ad esprimere la figura del Presidente e la selezione dei docenti. In sostanza le ITS Academy saranno gestite dalle aziende con notevoli agevolazioni per le imprese che parteciperanno (è previsto un credito d’imposta al 30% per le imprese che decidono di investire negli ITS. Il credito sale al 60% se l’erogazione avviene nelle province in cui il tasso di disoccupazione è superiore a quello medio nazionale) e, Fondazioni di diritto privato, si assumeranno l’impegno di gestire un sistema formativo pubblico. Questi canali formativi saranno regolati da soggetti diversi (Regioni, Ministero dell’istruzione, aziende) che, in un quadro avanzato di regionalismo differenziato, non aiuterà certo la realizzazione di un sistema d’istruzione pubblico e unitario.