Il Gruppo di lavoro ASviS “Finanza per lo sviluppo sostenibile”, ha elaborato un documento che offre un quadro sull'evoluzione del contributo della finanza alla sostenibilità e sulle prossime sfide che toccheranno questo settore.
Il tema è decisamente poco conosciuto e questo documento è un utile contributo per meglio comprendere la materia e aiutare a orientare le scelte degli stakeholder in materia di finanza sostenibile per il prossimo futuro.
Innanzitutto, è opportuno specificare cosa si intende per "finanza sostenibile": stiamo parlando di quella finanza che tiene in considerazione fattori di tipo ambientale (Environmental), sociale (Social) e di governo societario (Governance), i cosiddetti fattori ESG, nel processo decisionale di investimento, indirizzando i capitali verso attività e progetti sostenibili a più lungo termine.
La finanza sostenibile è dunque l'applicazione del concetto di sviluppo sostenibileall'attività finanziaria.
I fattori di tipo ambientale includono questioni come quelle della mitigazione dei cambiamenti climatici e della transizione verso un'economia a emissioni zero, così come temi relativi alla salvaguardia della biodiversità, alla prevenzione dell'inquinamento e all'economia circolare. I fattori di tipo sociale si riferiscono a questioni relative alle disuguaglianze e all'inclusione, alle relazioni di lavoro, agli investimenti in formazione e al benessere della collettività nonché al rispetto dei diritti umani. Infine, il governo societario delle istituzioni pubbliche e private ha un ruolo fondamentale nell'assicurare che considerazioni di tipo sociale e ambientale entrino nei loro processi decisionali, ad esempio attraverso le politiche di diversità nella composizione degli organi di amministrazione, la presenza di consiglieri indipendenti o le modalità di remunerazione dei dirigenti.
Fare un investimento finanziario che tenga conto dei fattori ESG significa, quindi, investire in imprese che compiono scelte aziendali sostenibili, coerenti con i principi del Global Compact delle Nazioni Unite, relativi a diritti umani, standard lavorativi, tutela dell'ambiente e lotta alla corruzione, gli obiettivi dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e dell'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.
Un percorso cruciale, dunque, - si legge nel Position paper “Finanza per lo sviluppo sostenibile” di ASviS - per poter generare “impatti positivi per la società accanto al rendimento per gli investitori, perseguendo il miglioramento delle condizioni sociali, culturali ed economiche della comunità”.
Il testo illustra l'evoluzione del concetto all’interno del quadro normativo dell’Unione europea, dalla tassonomia verde fino alla nuova Direttiva sul Corporate sustainability reporting, passando anche dalla regolamentazione bancaria in materia di rischi Esg (environmental, social, governance).
Tra gli altri temi affrontati: le strategie d’investimento sostenibile e responsabile, il futuro della rendicontazione di sostenibilità e della finanza a impatto, nonché la finanza retail e la finanza pubblica per lo sviluppo sostenibile. Lo studio approfondisce, infine, il legame tra la finanza sostenibile e la promozione di politiche per la parità di genere.
I principali utilizzatori dello strumento inerente la Corporate sustainability reporting directive (Csrd) sono gli investitori, le organizzazioni non governative e le diverse parti sociali. Ma, come viene espresso nel documento, “l’attuale quadro giuridico non garantisce che le esigenza di informazione di questi utenti siano soddisfatte” perché le informazioni comunicate sono spesso inaffidabili, non sufficientemente comparabili con le altre imprese e/o difficilmente accessibili. Queste lacune comportano il rischio che gli investitori non dispongono di elementi a sufficienza per mettere a fuoco i rischi legati alla sostenibilità nelle loro decisioni di investimento, in più senza alcuna certezza che le loro scelte siano davvero indirizzate verso percorsi sostenibili. Tra le sfide di questo strumento, vi è l’obbligo di “riportare la percentuale di attività economiche allineate alla tassonomia delle imprese coinvolte nella loro catena di valore”, con il rischio che le imprese siano costrette a dichiarare un basso livello di sostenibilità a causa delle difficoltà a reperire le informazioni.
Forte è il rischio di scarsa significatività delle misurazioni e delle comunicazioni con la conseguente possibilità di washing (green, social, impact...). In sostanza quando i brand sfruttano grandi temi di attualità e di discussione pubblica o mostrano un improvviso attivismo nei confronti degli stessi, ma lo fanno perlopiù in maniera interessata, per trarne profitti economici o dissimulare politiche aziendali controverse.
Il Position paper evidenzia un concreto rischio di polarizzazione tra lo standard di reporting di sostenibilità europeo, la Csrd, e le linee guida formulate dall’International sustainability standards board (Issb), un organismo messo a punto a seguito della Cop26 di Glasgow il cui compito è “di emanare standard per il reporting di sostenibilità che forniranno una base comune (‘baseline’) a livello internazionale”. La problematica è legata al tema della compatibilità tra i due approcci e all’obbligo per le imprese operanti dentro e fuori l’UE di dover rispettare due diverse normative in materia, non sempre convergenti.
Il rischio poi è che si venga a creare una discrepanza in Europa con riferimento agli standard contabili (comuni e condivisi) rispetto a quelli relativi alla rendicontazione di sostenibilità (diversi o divergenti). A questo si aggiunge, infine, la differenza di prospettive che tocca la visione stessa del reporting di sostenibilità, con un approccio europeo costruito intorno alla “prospettiva degli ‘stakeholder’”, e l’approccio Issb ispirato alla prospettiva degli “investitori”.
Secondo il documento ASviS, anche il Regolamento sulla tassonomia delle attività sostenibili, di cui l’UE si è dotata nel 2020, appare ancora incompleto in alcune sue parti. La normativa definisce la tassonomia green, comprendendo anche l’allargamento alle attività ritenute necessarie alla transizione del comparto energetico, con un chiaro riferimento alla combustione di gas e alla fissione nucleare. Un discorso diverso viene fatto rispetto alla tassonomia sociale, rispetto a cui non è ancora stata fissata una definizione univoca e condivisa a livello europeo.
Lo studio approfondisce anche l’ambito della finanza sostenibile retail (cd.al dettaglio) che giocherà un ruolo di rilievo nella diffusione di prodotti Esg a milioni di famiglie nel nostro Paese “nell’adozione di nuovi modelli e comportamenti di acquisto nelle concrete operazioni quotidiane”. Ma l’importanza della finanza sostenibile retail pesa anche sul settore imprenditoriale, soprattutto per quanto riguarda le piccole e medie imprese.
Al termine, ASviS propone 10 raccomandazioni conclusive:
- finanziare la transizione giusta, attraverso il sostegno intenso, calibrato e adeguato di risorse e di tempi certi per la realizzazione rapida ed efficace degli obiettivi della transizione;
- favorire davvero la finanza d’impatto e gli investimenti sostenibili, rafforzando l’insieme degli strumenti di regolazione, la trasparenza e la raccolta dei dati;
- adottare le tecniche della finanza di impatto e dare impulso alla tassonomia per gli obiettivi sociali, associando questi ultimi agli obiettivi finanziari;
- modificare i modelli di business degli operatori finanziari, rafforzando i processi di identificazione dei rischi Esg e proponendo prodotti finanziari che supportano un consumo e una produzione sostenibili;
- consolidare gli strumenti di finanza pubblica europea per la sostenibilità;
- utilizzare le risorse del Pnrr per sviluppare capacità di programmazione nelle pubbliche amministrazioni, secondo il principio “do not significant harm”;
- promuovere azioni per sostenere la finanza per il consumo sostenibile, anche tramite la trasparenza e l’informazione;
- utilizzare strumenti di regolazione e promuovere l’azione del mercato per rafforzare l’orientamento sostenibile dei consumi;
- utilizzare la finanza per raggiungere l’obiettivo della parità di genere tramite strumenti di valutazione delle politiche e strumenti finanziari operativi, come le risorse per promuovere l’imprenditorialità femminile
Link: Position Paper La finanza per lo sviluppo sostenibile 2022
* Le infografiche sono tratte da: L'economia per tutti - Banca d'Italia
Per la Redazione - Serena Moriondo