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L'obiettivo della proposta di revisione della "Direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia" (in inglese Energy performance of buildings directive, in Italia nota come direttiva "case green") era quello di assicurare un'accelerazione all’efficientamento energetico del patrimonio esistente.

La sua adozione definitiva il 14 aprile scorso, contribuirà ora a migliorare la salute e la qualità della vita delle persone, a ridurre il costo delle bollette, fornire una prospettiva di lungo periodo sulla crescita del settore edilizio e dell'occupazione, oltre alla domanda di tecnologie pulite prodotte in Europa, e rafforzerà l'indipendenza energetica dell'Europa, in linea con il piano REPowerEU.

La direttiva riveduta fissa obiettivi importanti per ridurre il consumo energetico complessivo degli edifici in tutta l'UE, tenendo conto delle specificità nazionali. Sarà responsabilità degli Stati membri, infatti, selezionare gli edifici e le misure da adottare tenuto conto che, comunque, dalle ristrutturazioni per migliorare l’efficienza energetica saranno esclusi edifici agricoli e storici, i luoghi di culto e altri immobili dal particolare valore architettonico o storico. 

Entro il 2030 dovrà essere ristrutturato almeno il 16% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni ed entro il 2033 il 26% degli edifici con le peggiori prestazioni, attraverso requisiti minimi di prestazione energetica. Nel complesso, il 55% della riduzione dei consumi energetici dovrà essere raggiunto attraverso la ristrutturazione degli edifici con le prestazioni peggiori. I nuovi edifici occupati o di proprietà delle pubbliche amministrazioni dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028. A partire dal 2030 tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero. Gli Stati membri potranno tenere conto del potenziale di riscaldamento globale del ciclo di vita dell’edificio, che comprende la produzione e lo smaltimento dei prodotti da costruzione. Dovranno essere adottate misure per decarbonizzare i sistemi di riscaldamento e per eliminare gradualmente i combustibili fossili dal riscaldamento e dal raffreddamento. Per le caldaie a combustibili fossili, l’obiettivo è quello di eliminarle gradualmente entro il 2040. Le disposizioni sul pre-cablaggio e sui punti di ricarica per i veicoli elettrici inoltre promuoveranno la diffusione della mobilità sostenibile. 

LA SITUAZIONE IN EUROPA

L'edilizia nel suo complesso, spiegano dalla Commissione europea, - che siano case, luoghi di lavoro, scuole, ospedali, biblioteche o altri edifici pubblici - è nota per essere il più grande consumatore di energia ed uno dei principali responsabili delle emissioni di biossido di carbonio. A dimostrarlo l'Osservatorio europeo del parco immobiliare (BSO),  strumento che dal 2016  tiene traccia delle caratteristiche e del rendimento energetico degli edifici nell'UE e controlla e valuta i miglioramenti in materia di efficienza energetica nell'edilizia. I risultati sono analizzati e inseriti in una banca dati, in una mappa che raffigura i dati e in schede informative. Il BSO registra numerosi elementi riguardanti le prestazioni, fra cui:

  • i livelli di efficienza energetica negli edifici nei paesi dell'UE e nell'Unione europea nel suo complesso
  • i diversi sistemi di certificazione e modalità di attuazione
  • gli investimenti disponibili per la ristrutturazione degli immobili
  • i livelli di povertà energetica in tutta l'UE.

Vi alleghiamo, a titolo di esempio, la scheda informativa dell'UE, ma potrete ottenerne una per ogni Paese aderente all'Unione.

Il quadro che ne emerge è complessivamente molto critico: circa il 75% del parco immobiliare dell'UE è inefficiente sotto il profilo energetico. Gli edifici presenti in Europa sono, infatti, responsabili del 40% del consumo energetico e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra, dovute principalmente alla costruzione, all'utilizzo, alla ristrutturazione e alla demolizione.

Ciò significa che gran parte dell'energia utilizzata va sprecata. Questo spreco di energia può essere ridotto al minimo migliorando gli edifici esistenti e cercando soluzioni intelligenti e materiali efficienti sotto il profilo energetico quando si costruiscono nuove abitazioni. Migliorare l'efficienza energetica dell'edilizia è quindi fondamentale per conseguire l'ambizioso obiettivo di neutralità in termini di emissioni di carbonio entro il 2050, così come definito nel Green Deal europeo. I dati dimostrano in maniera inequivocabile che la corsa contro i cambiamenti climatici non ammette rinvii o standby, seppur consapevoli che non tutti i Paesi viaggiano alla stessa velocità. E proprio per tenere conto dei differenti punti di partenza l'Europa, da tempo, ha messo a punto differenti investimenti la cui strategia di riferimento è: “Fit for 55”.

LA SITUAZIONE IN ITALIA

Il Centro studi di Unimpresa ha diffuso l’infografica Interattiva di GEA dove è riportata la situazione del patrimonio immobiliare italiano, sotto il profilo delle classi energetiche. Oltre 4,4 milioni di case in Italia sono in classe G, vale a dire la più inquinante, ovvero il 35,7% del totale degli immobili.

Entro il 2030 dovrà essere ristrutturato almeno il 16% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni ed entro il 2033 il 26% degli edifici con le peggiori prestazioni, attraverso requisiti minimi di prestazione energetica. Nel complesso, il 55% della riduzione dei consumi energetici dovrà essere raggiunto attraverso la ristrutturazione degli edifici con le prestazioni peggiori. I nuovi edifici occupati o di proprietà delle pubbliche amministrazioni dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028.

A partire dal 2030 tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero. Gli Stati membri potranno tenere conto del potenziale di riscaldamento globale del ciclo di vita dell’edificio, che comprende la produzione e lo smaltimento dei prodotti da costruzione. Dovranno essere adottate misure per decarbonizzare i sistemi di riscaldamento e per eliminare gradualmente i combustibili fossili dal riscaldamento e dal raffreddamento.  Visti gli obiettivi molto sfidanti che si vogliono raggiungere, dovranno essere rivisti tutti i regolamenti su edilizia, impianti e materiali.

Cosa pensano i politici lo sappiamo: il Governo italiano, ad esempio, ha espresso un voto contrario all'approvazione della direttiva, insieme all’Ungheria, mentre si sono astenute Repubblica Ceca, Croazia, Polonia, Slovacchia e Svezia.

Ma cosa pensano gli specialisti del settore? “L’atteggiamento peggiore è quello di dire che non si può fare niente. Piuttosto che rifugiarsi nella solita litania degli interessi nazionali mortificati dall’Europa, sarebbe saggio prepararsi a gestire opportunamente il provvedimento”. Così Giuseppe Roma, architetto e urbanista, docente di Gestione Urbana all’Università di Roma Tre e segretario generale della Rur, la rete urbana delle rappresentanze. In una intervista a La Repubblica ha dichiarato: “Il nostro patrimonio edilizio è vecchio, inquinante, costoso. Gli edifici costruiti tra il 1950 e il 1970 sono di scarsa qualità, realizzati con materiali poveri, e gli interventi di rinnovamento sono stati pochissimi. Ogni anno si vendono in media 600-700 mila abitazioni, ma i permessi per realizzare nuove costruzioni o ristrutturazioni integrali riguardano non più di 60 mila abitazioni. È come se il parco delle automobili fosse costituito per la maggior parte da Euro 3 e Euro 4”. Di fronte all’obiezione che la ristrutturazione energetica richiede risorse ingenti, Roma replica così: “Intanto si potrebbe cominciare da chi quelle risorse le ha. E per il resto andrebbe fatto un piano organico, come prevede la direttiva Ue: il problema degli interventi fatti finora, Superbonus compreso, è che non si è rigenerato un quartiere, o un’area, ma si è andato invece in ordine sparso, una frammentazione di interventi in cui ognuno cerca di prendere il più possibile dallo Stato”.

Concludiamo, ricordando che è iniziato il G7 dei Paesi più industrializzati a Veneria Reale (To), dedicato a clima, fonti energetiche, finanza e ambiente: un appuntamento importante, in preparazione del summit dei capi di Stato e di governo del G7 che si terrà a Borgo Egnazia, in Puglia, dal 13 al 15 giugno. 

A pochi giorni dal vertice di Torino, l'associazione Climate Analytics aveva analizzato i piani di riduzione delle emissioni dei Paesi del G7, riscontrando che nessuno di essi è nella giusta traiettoria per raggiungere gli obiettivi fissati al 2030. "I governi del Gruppo dei Sette sono sulla strada per raggiungere appena la metà delle riduzioni delle emissioni di gas serra necessarie entro il 2030 per raggiungere l'obiettivo di 1,5°C previsto dall'Accordo di Parigi", scrivono i ricercatori. "Le economie del G7 dovrebbero ridurre le proprie emissioni del 58% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2019, per fare la loro parte nel limitare il riscaldamento a 1,5°C. L'attuale livello di ambizione collettiva del G7 per il 2030 è pari al 40-42%, e dunque insufficiente. E le politiche esistenti suggeriscono che il G7 probabilmente raggiungerà solo una riduzione del 19-33% entro la fine di questo decennio".

Dunque è necessario tagliare le emissioni molto di più di quanto non sia stato fatto sinora e, per quanto riguarda il nostro Paese, smettere di rivendicare il ruolo, del tutto anacronistico, da "hub europeo del gas" e di battersi contro il divieto europeo di produrre automobili a combustione interna a partire dal 2035, scommettendo sui biocombustibili.

Il prossimo passo, per l'Italia, sarà il 30 giugno, quando il Governo dovrà aggiornare il Piano nazionale Integrato Energia e Clima, fissando gli investimenti e le misure per rispettare i target europei. Vedremo allora, senza infingimenti, se saremo in grado di mantenere gli impegni che ci siamo assunti nella COP28.

Per la Redazione - Serena Moriondo