Gli esperti sono concordi nel sostenere che nei prossimi dieci anni, il 70% della popolazione mondiale vivrà nelle città', ponendo al centro i temi legati allo sviluppo sostenibile e ad altre sfide globali, tra cui i cambiamenti climatici. Attualmente, è il 54% della popolazione mondiale (4 miliardi di persone) a vivere in aree urbane.
Quando nel 2030, 2 miliardi di persone si saranno trasferite in città, queste subiranno un impatto senza precedenti sulle infrastrutture e le risorse esistenti, soprattutto per quanto riguarda l'approvvigionamento idrico. Le dieci città piu' popolose al mondo saranno Tokyo (37.2 milioni), Delhi (36.1 milioni), Shanghai (30.8 milioni), Mumbai (27.8 milioni), Pechino (27.7 milioni), Dacca (27.4 milioni), Karachi (24.8 milioni), Il Cairo (24.5 milioni), Lagos (24.2 milioni) e Città del Messico (23.9 milioni). Ma ogni città avrà di che preoccuparsi.
Nell'evento “Il ripristino della natura e le politiche climatiche nelle città”, organizzato il 14 maggio dall’ASviS con il patrocinio del Comune di Bologna nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile, la Presidente di Nuove Ri-Generazioni, Rossella Muroni ha spiegato che nonostante la Nature restoration law, a livello europeo, non abbia completato l’iter di approvazione legislativo, il recupero degli ambienti naturali rimane centrale per la resilienza delle metropoli. Pierluigi Stefanini, Presidente dell’ASviS, ha ribadito il fatto che è indispensabile "aumentare il grado di progetto sistemico di tutti i soggetti che possono concorrere a realizzare l’Obiettivo 11 [“Città e comunità sostenibili”, ndr] dell’Agenda 2030”. Per esempio, in Italia non basta che abbiano aderito nove città italiane alla Missione Ue per il raggiungimento della neutralità climatica, è necessario che tutte le città della penisola diventino sostenibili. Alessandro Bratti, Segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, ha poi spiegato che: "Se da un lato è necessaria la pianificazione, introducendo elementi che rafforzino la difesa idraulica dell’ambiente, dall’altro dobbiamo riportare il più possibile uno stato di conservazione più di carattere naturalistico, che produca un’azione di conservazione della biodiversità”.
Ma i negazionisti, presenti in gran numero anche nel nostro Governo, sostengono che sono tutti allarmismi infondati, per questo ritardano i progressi nell’uso di energia rinnovabile e minimizzano l’urgenza di agire sul clima diffondendo disinformazione, spesso con la complicità dei mezzi d'informazione pubblici e privati.
Quello che sta succedendo questa settimana a Delhi, in India, però li smentisce clamorosamente: la temperatura ha raggiunto 52.9°C causando 85 morti in 24 ore (1.06.2024) mentre gli ecosistemi sono al collasso. La siccità in Messico e America Latina è fuori scala, ciò sta peggiorando notevolmente la carenza idrica a lungo termine, trasformandola in un’emergenza estremamente grave. Questo livello critico ha anche riguardato buona parte della popolazione di Giappone, Indonesia, Filippine, Vietnam, Bangladesh, Iran, Egitto, Etiopia, Nigeria, Italia, Francia, Spagna, Regno Unito, Brasile, tutti i Paesi dei Caraibi e dell'America centrale.
Il libro Climate Obstruction Across Europe (Ostruzione climatica in tutta Europa) spiega molto bene come le tattiche di ostruzionismo sui cambiamenti climatici sembrano prosperare ovunque. In Italia e in Germania, le reti di estrema destra diffondono la disinformazione mettendo in discussione la validità delle dichiarazioni scientifiche, mentre in Spagna e nel Regno Unito, i tentativi di deviare le responsabilità per l’azione per il clima sono comuni. "Le industrie dei combustibili fossili con sede in Europa, come Shell, si impegnano nel greenwashing, inquadrando il gas come una “tecnologia di copertura cruciale per la transizione energetica”, ne ritardando i progressi. Il dossier che riguarda il nostro Paese spiega che "Aziende di combustibili fossili e gruppi industriali (ad es. Eni, Snam, Confindustria), politici e partiti politici (in particolare di destra, ad es. Fratelli d'Italia), think tank (ad es. Istituto Bruno Leoni), singoli negazionisti climatici, media, istituzioni finanziarie (Banche come Unicredit e Intesa Sanpaolo), compongono una rete impegnata in una serie di tattiche per contrastare ogni progresso climatico."
Per lo Heat Action Day, la giornata mondiale per la sensibilizzazione sui rischi per la salute del caldo estremo, World Weather Attribution, Red Cross Red Crescent Climate Centre e Climate Central hanno reso noto uno studio tramite il quale hanno misurato l’influenza dei cambiamenti climatici causati dagli esseri umani sulle pericolose ondate di calore negli ultimi 12 mesi (dal 15 maggio 2023 al 15 maggio di quest'anno). Lo studio ha identificato 76 ondate di calore estreme che si estendono su 90 paesi diversi. Questi eventi stanno mettendo a rischio miliardi di persone, anche nelle aree densamente popolate dell’Asia meridionale e orientale, del Sahel e del Sud America. Nel periodo di 12 mesi, 6,3 miliardi di persone (circa il 78% della popolazione mondiale) hanno sperimentato almeno 31 giorni di caldo estremo (più caldo del 90% delle temperature osservate nella loro area locale nel periodo 1991-2020).Stiamo parlando di cinque volte in più di quelle che siamo fisicamente attrezzati per sopportare, non solo individualmente ma come comunità e la maggioranza delle nostre città, ancor più se si tratta di megalopoli, non sono pronte ad affrontare questa situazione.
Tutte le ondate di calore sono rese più lunghe e frequenti a causa dei cambiamenti climatici e questi sono anche frutto delle azioni degli esseri umani sul pianeta. A provarlo è stato lo scienziato Charles David Keeling che, nel lontano 1958, aveva misurato la concentrazione di CO2 nell’atmosfera documentando la sua “composizione mutevole”. Le misurazioni di Keeling hanno anche permesso agli scienziati di separare le emissioni di combustibili fossili da quelle dovute al ciclo naturale annuale della biosfera. Osservazioni successive hanno identificato la causa dell’aumento di CO2 esclusivamente nella combustione di combustibili fossili. Sin dal principio, quindi, la scienza del clima ha dimostrato che il cambiamento climatico esiste e il riscaldamento globale ha origine antropica.
Alla luce di questo dato, quattro organizzazioni hanno unito le forze per dare il loro sostegno. Si tratta di Local Governments for Sustainability (ICLEI), United Cities and Local Governments (UCLG), la Global Water Operators' Partnerships Alliance (GWOPA/UN-Habitat), la Confederazione Brasiliana delle Municipalita' (CNM) e il Consiglio Mondiale dell'Acqua (WWC) che stanno promuovendo incontri con i governi e gli esperti del settore al fine di affrontare le sfide legate all'acqua a livello locale.
Nello stesso modo, quest'anno, le Nazioni Unite hanno scelto il tema Innovative Governance, Open Cities per mettere l'accento sull'importanza dell'urbanizzazione come fonte di sviluppo globale e inclusione sociale ma nessuno è più al sicuro. ll quadro globale è molto serio ed è evidente che stiamo sottovalutando il caldo anche come fattore di rischio geopolitico. Ne abbiamo parlat nell'articolo "Vivere migrando" del 14 maggio u.s.
L'urgenza di affrontare questi temi - compresa la tutela della salute delle persone e del territorio - deve diventare un tema centrale nella contrattazione del Sindacato partendo proprio dal ruolo dei "contratti climatici delle città", che - come spiega Francesca Rizzo, docente del Politecnico di Milano - sono “una formalizzazione di impegni tra stakeholder diversi lungo la catena del valore, dalla progettazione della politica fino alla sua implementazione”. L' obiettivo: portare una riduzione dell’80% delle emissioni entro il 2030.
Una riflessione sulle città è, dunque, d'obbligo. Italo Calvino lo fece nel 1972 quando scrisse: "Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni d'un linguaggio; le città sono luoghi di scambio, come spiegano tutti i libri di storia dell'economia, ma questi scambi non sono soltanto scambi di merci, sono scambi di parole, di desideri, di ricordi. (..) Penso d'aver scritto qualcosa come un ultimo poema d'amore alle città, nel momento in cui diventa sempre più difficile viverle come città. Forse stiamo avvicinandoci a un momento di crisi della vita urbana e "Le città invisibili" sono un sogno che nasce dal cuore delle città invisibili. Oggi si parla con eguale insistenza della distruzione dell'ambiente naturale quanto della fragilità dei grandi sistemi tecnologici che può produrre guasti a catena, paralizzando metropoli intere. La crisi della città troppo grande è l'altra faccia della crisi della natura. L'immagine della "megalopoli", la città continua, uniforme, che va coprendo il mondo, domina anche il mio libro. (..) Quello che sta a cuore al mio Marco Polo è scoprire le ragioni segrete che hanno portato gli uomini a vivere nelle città, ragioni che potranno valere al di là di tutte le crisi."
* Foto di Simone Hutsch su Unsplash
Per la Redazione - Serena Moriondo