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Nella tarda serata di giovedì 13 giugno 2024 sono terminati i negoziati intermedi UNFCCC SB60 di Bonn, che precedono e preparano la prossima COP29 di Baku, in Azerbaigian.

Sulla finanza, il negoziato è fermo per la difficoltà di identificare un quantum, una cifra-obiettivo da proporre per il periodo post-2025 superando quindi i 100 miliardi all’anno stabiliti nel 2009 e raggiunti, fuori tempo massimo, solo nel 2022 – e comunque drammaticamente insufficienti rispetto a bisogni che superano ormai le migliaia di miliardi. Abbiamo affrontato il tema QUI.

Sulla mitigazione, che pur dovrebbe rappresentare il filone di lavoro principale, molti Paesi continuano a fare riferimento solo ai propri obiettivi climatici nazionali senza alcun passo in avanti in tema di cooperazione.

Di seguito riportiamo una sintesi dell’analisi dettagliata dei temi affrontati durante i negoziati intermedi  predisposta dagli osservatori di Italian Climate Network (i testi negoziali citati nell'analisi ma privi di collegamento ipertestuale non erano ancora disponibili sul sito UNFCCC al momento della pubblicazione dell’analisi.)

Progressi e prossimi passi - il negoziato si chiude senza un testo, bensì con una “nota informale” che prende atto della diversità di vedute in sala in merito a: raccolta degli input scientifici e scelta delle fonti; scadenze interne per la raccolta degli input scientifici e non; tabella di marcia verso lo Stocktake del 2028 e relative sessioni di lavoro intermedie. La nota informale presenta una lunga serie di opzioni che sicuramente aiuteranno i delegati nel dialogo politico verso Baku, ma non costituiscono ad oggi in alcun modo una decisione negoziale univoca.

Programma di Lavoro sulla Mitigazione - il tema è stato interamente rimandato a COP29, nessun consenso, nessun testo, neanche una nota informale. Di fatto, il negoziato non è mai realmente partito. La delegazione delle isole Samoa, nella plenaria finale, ha parlato di “grande delusione”, rispetto a “fallimenti che non ci possiamo permettere”. Anche l’Unione Europea ha parlato di “profonda delusione”.
Agli interventi di questo tenore (anche Australia, Bolivia, altri) sono seguiti lunghi applausi dalla plenaria, a simboleggiare le spaccature trasversali tra i principali gruppi negoziali – ad esempio, su questi temi i Paesi insulari e latinoamericani seguono l’Unione Europea e non i G77+Cina, diversamente da quanto osserviamo su altri temi. Alla fine è il delegato del Kenya, a nome dell’African Group, a esplicitare in sala il nodo politico della questione: “non possiamo ignorare, quando parliamo di mitigazione, i miliardi di famiglie che usano fonti fossili per vivere, cucinare, scaldarsi – per procedere con la mitigazione di quelle emissioni abbiamo però bisogno di nuova finanza per il clima”. In sintesi: niente mitigazione finché il Nord globale non mette i soldi.

Nuovo obiettivo quantitativo globale post-2025 sulla finanza per il clima - al termine di due settimane di lavori, il negoziato si chiude con un caotico documento di lavoro di 35 pagine, nel quale i facilitatori hanno tentato di riflettere tutte le opinioni espresse in sala. I Paesi sembrano prepararsi ad una battaglia politica a Baku intorno alla possibilità di un nuovo obiettivo che molte nazioni (in via di sviluppo) vorrebbero di almeno 1000 miliardi di dollari all’anno (comprensivi di finanza per mitigazione, adattamento e perdite e danni), decuplicando il precedente del 2009, con obiettivi intermedi e check annuali sul raggiungimento. Altri Paesi (da quello che abbiamo captato, occidentali) si accontenterebbero di un “100+”, meno ambizioso e comunque assai inferiore a 1000 miliardi all’anno. Ma le carte sono rimaste ancora ampiamente coperte, probabilmente in attesa di capire cosa uscirà dal combinato disposto (politico) di G7 e G20.

Obiettivo globale sull’adattamento - da Bonn i delegati hanno chiesto ai Paesi e agli osservatori, tramite le conclusioni adottate, di trasmettere contributi scritti su come far progredire il processo nei prossimi anni, in particolare riguardo i sette sotto-obiettivi sull’adattamento elencati nella decisione finale di Dubai. Questi contributi scritti dovranno pervenire al Segretariato entro il 31 luglio 2024. Alcuni Paesi si sono dichiarati scontenti dai tentativi di ostruzionismo e di depotenziamento, anche per il linguaggio utilizzato, delle decisioni già prese su questo tema in passato.

Piani nazionali di adattamento - negli ultimi giorni si era arrivati ad avere una bozza di testo, pensato per essere adottato formalmente a COP29, che dipingeva lo stato dell’arte della redazione e implementazione dei piani nazionali di adattamento dei Paesi firmatari della Convenzione UNFCCC. Un quadro non roseo, con solo 56 Paesi in via di sviluppo ad avere già un proprio piano nazionale. Nella bozza disponibile online si prendeva infatti atto del grave ritardo della maggioranza dei Paesi nella redazione e implementazione dei piani nazionali, con frequenti riferimenti alla necessità di nuove e aggiuntive risorse finanziarie in supporto ai Paesi in via di sviluppo per procedere con il lavoro. Sulla bozza, dopo giorni di discussioni sulla presunta volontà dei Paesi occidentali di eliminare riferimenti al principio di responsabilità comuni ma differenziate, non è stato trovato consenso unanime: nella plenaria finale è stato adottato un testo che però rimanda l’intero argomento a COP29.

Articolo 6 - dopo due settimane di un negoziato intenso si è giunti a due testi (due “conclusioni”, una sul filone relativo all’Articolo 6.2, l’altro all’Articolo 6.4) sostanzialmente simili, che fanno propria la formulazione testuale proposta dal Canada. E' stato deciso di convocare due sessioni aggiuntive di lavoro su aspetti rimasti in sospeso in merito a processi di autorizzazione, formati elettronici, sequencing, applicazione dei crediti agli NDC, inconsistenze nei dati e compilazione dei registri.

Giusta transizione - il programma di lavoro degli Emirati Arabi Uniti sulla giusta transizione, fortemente voluto da alcuni Paesi e lanciato a Dubai in concomitanza con l’adozione del primo Global Stocktake sotto l’Accordo di Parigi, ha avviato i suoi lavori a inizio anno. Nonostante il tema fosse stato inserito nell’agenda di questi intermedi di Bonn,  il negoziato si è chiuso con un testo molto stringato che prende atto dell’esistenza di una “nota informale” di dettaglio preparata dai co-facilitatori e tuttavia non supportata dal consenso delle delegazioni. Il secondo Dialogo dell’anno dovrebbe tenersi entro COP29, ma non vi è certezza sulle date.

Clima, agricoltura e sicurezza alimentare - nel testo approvato a Bonn, viene confermato che i lavori del “Percorso comune sull’implementazione dell’azione climatica nei settori dell’agricoltura e della sicurezza alimentare” proseguiranno per altri due anni e mezzo, per poi produrre conclusioni a COP31 nel 2026. Al testo adottato è allegato un calendario dei lavori per i prossimi anni, che prevede il lancio di un nuovo portale ONU sul tema entro COP29, seguito da due workshop tematici a partecipazione ibrida da tenersi nel giugno 2025 e nel giugno 2026.

Questioni di genere e Action for Climate Empowerment - nessuna nuova decisione di peso in vista di COP29, solo due testi scarni (meno di mezza pagina ciascuno), con cui  si prevede di continuare il lavoro sui due filoni Gender e ACE a Baku.

Assistiamo, in questi negoziati intermedi, a dinamiche geopolitiche competitive multilivello Nord-Sud osservabili, simili, anche in altre sedi ONU, qui con la particolarità del crescente inasprimento della (lecita) richiesta finanziaria da parte dei Paesi in via di sviluppo fino, purtroppo, all’ostruzionismo sulla riduzione delle emissioni attuali e future, vero nodo dell’Accordo di Parigi sul clima” – ha commentato Jacopo Bencini, Policy Advisor sulle Politiche europee e multilaterali sul clima per ICN. “La discussione sul quantum per la finanza climatica post-2025 rappresenta potenzialmente una grande opportunità per ridare linfa al processo, in particolare verso la presentazione dei nuovi obiettivi clima (NDC) nel 2025 ed in concomitanza con il proposto processo di riforma della Banche multilaterali di sviluppo, ma il nuovo obiettivo dovrà essere realistico abbastanza da stimolare un lavoro di mobilitazione efficace e allo stesso tempo ambizioso, per sbloccare questo empasse negoziale e operativo. Auspichiamo in questo senso indicazioni forti dai vertici G7 e G20, in un anno purtroppo caratterizzato da una grande sovrapposizione temporale degli eventi politici, non ultime le elezioni presidenziali negli Stati Uniti a ridosso di COP29”.

* Foto di M. Daniyal Khan su Unsplash

Per la Redazione - Serena Moriondo