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Nel 2020, ad inizio pandemia, un uomo strangola la sua fidanzata, una studentessa all'ultimo anno di Medicina di 27 anni, poi tenta il suicidio, infine chiama i carabinieri per confessare. La Corte d’Assise di Messina gli ha inflitto l'ergostolo ma, essendo un inferimiere, la Corte di Cassazione ora cancella la pena per il femminicidio, perchè lo ha ritenuto affetto da stress. 

Non abbiamo a disposizione le carte che documentano la scelta della Cassazione ma non si può non essere profondamente colpiti da questa decisione. Uccidere per un litigio non è la prima cosa che ti viene in mente, provi a confrontarti, ti puoi arrabbiare, puoi arrivare a rompere una relazione ma non a uccidere. Come può un giudice pensare che si possa trovare una giustificazione, anche se parziale, ad un atto così grave e terribile? La sorella della studentessa uccisa ha dichiarato: “Farei provare al giudice il nostro dolore”, nell'auspicio che ciò potesse fargli comprendere l'effetto di una tale decisione.

La cosa terribile è che gli uomini che commettono femminicidi non sono mostri, anche se ci fa comodo pensarlo. Sostenerlo è un grave atto di deumanizzazione e di deresponsabilizzazione. Invece, non c’è niente di più ordinario di un uomo violento. Il controllo ossessivo delle donne è il mezzo per dimostrare potere, un potere incontrollato e condizionabile. Ma la cosa che rende questi atti ancor più gravi è la reazione sociale a quelle azioni.

Gli uomini possono scegliere, come chiunque altro, se compiere o meno degli abusi, ma questo è paradossalmente irrilevante se nessuno ascolta la paura delle donne, se nessuno interviene per tempo,  se nessuno li giudica e condanna per quel che fanno.

Valeria Forte, giovane attivista e divulgatrice femminsta italiana, ha scritto che: "Il problema è la potenzialità del potere maschile sulle nostre vite, non sono le azioni che gli uomini commettono. Quelle sono più o meno gravi, sulla scala per arrivare al femminicidio, gradino dopo gradino. Ma non conta solo l’azione. Conta la potenzialità dell’azione, [..] matrice di ogni violenza, fino alla morte.[..] Nessuno nasce cattivo, nemmeno un femminicida. Nessuno nasce maschilista, nemmeno un femminicida. Nessuno nasce con l’intenzione di ucciderci, nemmeno un femminicida. Non è genetica. È cultura."

Nel suo libro "Ne uccide più la lingua”,  ci ricorda che bisogna iniziare ad intervenire con l’istruzione nelle scuole, a partire da quelle dei più piccoli e tenere le parole sempre in considerazione usandole al meglio. Proprio il contrario di ciò che racconta il ddl presentato dalla Lega per la “tutela della lingua italiana rispetto alle differenza di genere”, con il quale si vuole impedire  l’uso del femminile negli atti pubblici applicando  sanzioni tra i mille e i 5mila euro per chi osa scrivere “sindaca” o “avvocata”.

Un atto lontano anni luce da ciò che ci chiede l'Europa, oramai da diversi anni, cioè un uso di un linguaggio non sessista, inclusivo e rispettoso del genere, evitando formulazioni che possano essere interpretate come discriminatorie o degradanti. L'uso di un linguaggio equo e inclusivo in termini di genere, che aiuti a combattere gli stereotipi, promuova il cambiamento sociale e contribuisca al raggiungimento delle finalità del Goal 5 dell'Agenda ONU 2030. L'Obiettivo che mira a ottenere la parità di opportunità tra donne e uomini nello sviluppo economico, l'eliminazione di tutte le forme di violenza nei confronti di donne e ragazze (compresa l'abolizione dei matrimoni forzati e precoci) e l'uguaglianza di diritti a tutti i livelli di partecipazione.

Un orientamento, quello assunto dalla Lega e dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni (vd. articolo "Una donna alla guida non basta" 18.10.2022), molto distante da quanto raccomandato dalla stessa Accademia della Crusca e dalla Guida alla redazione degli atti amministrativi dell'Istituto di teoria e tecnica dell'informazione giuridica, per non parlare delle Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana, da “Il sessismo nella lingua italiana” a cura di Alma Sabatini per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Commissione Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità tra uomo e donna, pubblicato nel lontano 1987.

Quel che sta avvevendo nel nostro Paese non può che confermare il significato delle parole di Valeria Forte, perché "tutto ciò che ci permettiamo di dire legittima ciò che ci permettiamo di fare." Le parole che abbiamo a disposizione danno una forma ai nostri pensieri e plasmano la realtà. E quella che si sta manifestando in Italia è un ritorno ad un passato preoccupante.

Chimamanda Ngozi Adichie, giovane femminista africana, nel suo libro "Dovremmo essere tutti femministi" ha scritto: "Il problema del genere è che prescrive come dovremmo essere, invece di riconoscere come siamo. [..] Se è vero che la piena umanità delle donne non fa parte della nostra cultura, allora possiamo e dobbiamo far sì che lo diventi. [..] Tutti noi, donne e uomini, dobbiamo fare meglio."

* Foto di Hermann Wittekopf su Unsplash

Per la Redazione - Serena Moriondo