L’energia è indissolubilmente legata alla maggior parte delle sfide globali ora e in futuro, tra cui il genere, la sicurezza alimentare, l’acqua pulita, la salute pubblica, l’istruzione, la crescita economica, l’empowerment dei giovani e delle donne e il cambiamento climatico.
L’assenza di energia pulita e sostenibile ha un impatto negativo significativo sulla salute e sui mezzi di sussistenza delle popolazioni, a partire da quelle più povere. Nel XXI secolo, circa 3 miliardi di persone in tutto il mondo, per lo più nei Paesi a basso e medio reddito, infatti, si affidano ancora a combustibili inquinanti per soddisfare il loro fabbisogno energetico quotidiano di base per cucinare, per studiare, per lavorare. Il conseguente inquinamento mette a rischio il clima globale e causa 3,8 milioni di morti premature ogni anno per malattie non trasmissibili (tra cui malattie cardiache, ictus, broncopneumopatia cronica ostruttiva e cancro), nonché polmonite, con conseguenze più pesanti per donne e bambini.
Dati gli importanti legami tra la riduzione del divario di accesso all’energia e il miglioramento della salute e il benessere delle persone, è fondamentale avere approcci integrati alle sfide sanitarie ed energetiche.
La prima conferenza dell’OMS sull’inquinamento atmosferico e la salute, nel 2019, con UNDP, UN DESA e Banca Mondiale e il forte sostegno dell'Agenzia internazionale per le energie rinnovabili, e Altre principali parti interessate hanno istituito la Piattaforma d'azione per la salute e l'energia (HEPA).
La piattaforma d'azione globale mira ancora oggi a costruire l'impegno politico e finanziario e a rafforzare la capacità dei settori della salute e dell'energia di lavorare insieme per garantire l'accesso universale all'energia pulita e sostenibile per proteggere la salute, necessari per raggiungere l'SDG 3 sulla salute e l'SDG 7 sull'energia:
- mobilitare l'impegno politico, il sostegno e le risorse e trovare modi per incoraggiare nuovi impegni pubblici e privati da parte dei settori dell'energia e della sanità, e per l'azione sul cambiamento climatico;
- promuovere tabelle di marcia concrete per l'attuazione globale o nazionale per i settori d'azione prioritari;
- dimostrare di essere all'altezza della sfida identificando azioni e iniziative significative con le parti interessate, con l'obiettivo di generare azioni e massimizzare l'impatto su ogni territorio;
- condurre la difesa e la sensibilizzazione verso impegni internazionali di alto livello relativi agli SDGs, in particolare quelli in materia di salute, energia, ambiente, genere e cambiamenti climatici;
- promuovere un approccio interdisciplinare, coinvolgere una varietà di parti interessate a livello globale, regionale e nazionale e costruire sulle iniziative esistenti, evitando al contempo la duplicazione degli sforzi, promuovendo l'allineamento e creando forti sinergie.
In merito alle questioni energetiche lo stato dell'arte in Italia è ricavabile dai numerosi articoli apparsi sul nostro sito che, tra i vari aspetti, ci indicano che a) a fine 2022, la povertà energetica ha interessato almeno 2 milioni di famiglie e il reddito energetico introdotto dal Governo è un meccanismo per affrontare la transizione energetica e in particolare una giusta transizione, che si rivela iniquo e poco efficiente; b) "il costo dell’elettricità pagato dalle imprese resta più alto in Italia rispetto ai principali paesi UE e anche rispetto agli altri grandi competitor internazionali"; c) la presunta "neutralità tecnologica" sostenuta dal Governo Meloni nel PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) non esiste, gli interessi economici rappresentati dall'energia fossile sono evidenti; d) sulla carta il governo Meloni non mette in dubbio la necessità della transizione ecologica e del graduale taglio delle emissioni anche se il caso del voto contrario dell'Italia alla Direttiva europea sulle Case Green è un pessimo segnale. Ma è soprattutto alle specificità italiane e alla velocità di questa trasformazione che il Governo si appella per frenare di fatto la necessaria decarbonizzazione.
In quanto agli indicatori di spesa sanitaria che, come sostiene l'OMS sono guide chiave per monitorare il flusso delle risorse, informare lo sviluppo della politica sanitaria e promuovere la trasparenza e la responsabilità dei sistemi sanitari, il dato italiano non va nella direzione auspicata dalla piattaforma. Sappiamo che il livello delle risorse destinate al “Fabbisogno Sanitario Nazionale" verrà incrementato di 3 miliardi nel 2024, 4 miliardi nel 2025, 4,2 miliardi a decorrere dal 2026. Ma sappiamo anche che questo incremento in realtà non è effettivo (si veda anche Audizione Corte dei Conti 2023 capitolo Sanità): sono risorse “già spese”, erose dall’inflazione, o destinata a un modello privato-prestazionale (tipico dei sistemi assicurativi). Una parte (circa 2,3 mld anno) è vincolata al rinnovo dei CCNL (dipendenti SSN e convenzionati) e dell’ACN (per medici di medicina generale e pediatri di libera scelta). Si rinnovano doverosamente i contratti ma non vi sono risorse per gli indispensabili piani di assunzioni nel SSN – neanche di fronte ad una drammatica carenza di personale – né vi alcuna programmazione futura su questo.
Un secondo elemento che vogliamo segnalare è il risultato del monitoraggio sullo stato di avanzamento delle attività per Regione, effettuato dallo SPI CGIL sui progetti PNRR per gli Investimenti 1.1.2 “Autonomia degli anziani non autosufficienti” e 1.1.3 “Rafforzamento dei servizi sociali domiciliari per garantire la dimissione anticipata assistita e prevenire l’ospedalizzazione“. Uno dei temi centrali del SSN per un Paese che, secondo il Rapporto Istat 2021 "Le condizioni di salute della popolazione anziana in Italia", ha 3 milioni e 860mila gli anziani non autosufficienti, che hanno cioè gravi difficoltà nelle attività funzionali di base, motorie, sensoriali (vista e udito), nella memoria e concentrazione. Stiamo parlando di almeno il 28,4% della popolazione anziana che non riesce a svolgere autonomamente attività fondamentali della vita quotidiana come camminare, salire o scendere le scale mangiare, vestirsi, lavarsi, cucinarsi, prendere le medicine. Dato che, secondo il PNRR, raddoppierà entro il 2030 gravando sulle famiglie e, in partiocolare sulle donne, in mancanza di servizi pubblici adeguati.
Il monitoraggio evidenzia infatti, per gran parte delle Regioni, forti ritardi nel raggiungimento degli obiettivi rispetto ai valori obiettivo programmati dagli Ambiti Territoriali Sociali, quali soggetti attuatori. Ne segnaliamo alcuni:
- su 21 regioni e province autonome, la consultazione con le parti sociali sulla proposta di Piano regionale sulla non autosufficienza risulta esserci stata solo in 14 regioni (anche se per 3 regioni solo in sede tecnica). Mentre in altre 3 regioni il confronto non si è svolto. Solo in 1 regione risultano essere previsti incontri periodici;
- solo 3 regioni hanno adottato un Piano che si articola sui sei punti previsti dal DPCM art. 1 comma 4 – Allegato B Piano N, cioè 1) Impegni per Integrazione socio sanitaria, 2) individuazione beneficiari, 3) descrizione interventi e servizi programmati per Leps erogazione NA gravi, 4) interventi NA gravissimi, 5) programmazione e monitoraggio risorse, 6) programmazione risorse Vita Indipendente;
- il trasferimento delle risorse agli ATS è avvenuto nei tempi stabiliti solo in 9 regioni, in 8 no;
- solo in 2 regioni sono stati utilizzati i criteri per il riparto previsti dal Piano dei fondi ATS secondo l'art. 2 comma 6 del DPCM
- solo 10 regioni hanno previsto il rilevamento a livello regionale sul numero e sulle caratteristiche delle persone assistite, ma in 3 regioni non sono disponibili i dati, mentre in ben 7 Regioni questo adempimento non è rispettato;
- le assunzioni di personale con professionalità sociale per il rafforzamento dei Punti Unici Accesso (PUA) sono state programmate con rapporto di lavoro a tempo Indeterminato in 12 regioni. In 3 regioni sono avvenute le assunzioni ma non è precisato se a tempo Indeterminato, in 2 regioni non risultano assunzioni.
- solo 12 regioni prevedono il cronoprogramma per attuare i “LEPS di Processo”, in 5 regioni non è previsto.
Inoltre, nel quadro complessivo degli investimenti PNRR non ancora portati a compimento, vengono segnalate difficoltà nella Misura 5 “Inclusione e coesione“ relativamente agli interventi ascrivibili al Settore delle Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e Terzo settore. In quanto alla Missione 6 Componente 1 Investimento 1.2.1. “Intervento casa come primo luogo di cura e Telemedicina” – Assistenza Domiciliare (AD) è da segnalare una prevalenza di affidamento dell’Assistenza Domiciliare a privati (o una non definizione del modello): solo quattro Regioni hanno dichiarato che l’assistenza presso il domicilio della persona non autosufficiente sarebbe stata assicurata dai servizi/operatori pubblici. A tal proposito va ricordato che è stato ripartito alle regioni il finanziamento per l’assunzione di personale proprio per l’attuazione dell’Investimento in questione, risorse che, con ogni probabilità, sono state destinate anziché alle assunzioni all’acquisto di servizi privati.
Per la Redazione - Serena Moriondo